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Uno stato e un carcere per due popoli

Da 15 anni a Gaza una generazione di palestinesi vive in trappola in quella che di fatto è una prigione a cielo aperto: è la denuncia di Oxfam, alla vigilia del quindicesimo anniversario dall’inizio delle restrizioni imposte sulla Striscia, lanciando un appello urgente al segretario dell’Onu Antonio Guterres per un intervento che porti alla revoca del blocco imposto da Israele e dia speranza a 2 milioni di persone allo stremo.

Nell’enclave palestinese, ricorda l’organizzazione umanitaria, il 63% non ha un lavoro, 4 ragazze su 5 non trovano un’occupazione retribuita, 7 persone su 10 dipendono dagli aiuti umanitari per sopravvivere, il 97% dell’acqua corrente non è potabile e c’è elettricità solo per 12 ore al giorno.

Un’intera generazione di giovani palestinesi, oltre 800 mila, hanno trascorso la loro intera vita in questa situazione, di cui non si intravede nessuna soluzione negoziata tra le parti, nonostante gli sforzi umanitari sostenuti dalla comunità internazionale e dalle Nazioni Unite, che fino ad oggi hanno stanziato 5,7 miliardi di dollari in aiuti.

“Siamo di fronte ad una crisi divenuta cronica, che costringe organizzazioni come Oxfam – da anni operativa sul campo – a lavorare per garantire la mera sopravvivenza di una popolazione sfinita, eppure straordinariamente resistente”, ha sottolineato Paolo Pezzati, policy advisor di Oxfam per le emergenze umanitarie, esortando Guterres “affinche’ una revoca immediata del blocco su Gaza divenga prioritaria nell’agenda internazionale”.

Oxfam ha annunciato che nei prossimi giorni partirà la campagna di sensibilizzazione #OpenUpGaza15: “Molte restrizioni israeliane hanno ragioni politiche, non certo di sicurezza. Le famiglie palestinesi di Gaza subiscono collettivamente una punizione illegale – ha affermato Pezzati – Israele impedisce l’esportazione di pasta di datteri, biscotti e patatine fritte, ha interdetto l’uso del 3G e del 4G sui cellullari, non c’è PayPal. Certamente questo non è un Paese per giovani”.

“Le Nazioni Unite e i gli Stati membri devono usare tutta la diplomazia possibile per porre fine al blocco. Tutte le parti devono impegnarsi per un piano con precise scadenze e stringenti meccanismi di rendicontazione. Crediamo davvero sia giunta l’ora di consegnare alla storia questi 15 anni di blocco”, ha concluso.

 

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