Cultura

Ho visto troppi pacifisti votare per la guerra

IL 3 marzo scorso, a poco più di sei mesi dalla sua morte, è uscito postumo il libro di Gino Strada “Una persona alla volta”. Sarebbe la sua autobiografia se così avesse voluto scriverla il fondatore di Emergency. Ma, come ha raccontato sua moglie Simonetta Gola che ne ha seguito la stesura e la pubblicazione, non era questo ciò che aveva in mente il dottor Strada, non era di lui e delle sue opere in vita che voleva trattare in questo suo ultimo scritto. Voleva, ancora una volta, testimoniare gli orrori visti e vissuti in tanti anni di attività come chirurgo di guerra. Attraverso il racconto della sua vita leggiamo delle vittime delle guerre, delle sofferenze della popolazione civile in tutti i conflitti, vediamo con gli occhi stupiti di un giovane medico lo strazio dei bambini dilaniati dalle mine antiuomo. Da queste pagine esce lo spirito del medico e dell’uomo Strada e della sua creatura Emergency. I suoi principi, le sue incrollabili certezze, la sua natura visionaria grazie alla quale si sono realizzate opere ritenute impossibili come il Centro di Cardiochirurgia Salam Centre di Khatum in Sudan. Il principio motore di ogni intervento della sua ONG è che essere curati sia un diritto umano fondamentale e che, come tale, debba essere riconosciuto a ogni individuo. Perché le cure siano veramente accessibili, devono essere completamente gratuite; perché siano efficaci, devono essere di alta qualità. Luca Radaelli, uno degli operatori sanitari di Emergency, infermiere e coordinatore medico in Afghanistan dal 2010 al 2016, era solito dire: “Per capire se l’obiettivo è raggiunto, ci poniamo una semplice domanda: “Ricovererei mia madre o mio fratello in quest’ospedale?”. Se la risposta è sì, significa che stiamo facendo un buon lavoro.”

E’ una domanda che Emergency si pone anche in Italia. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti, recita la Costituzione italiana. Eppure, nella pratica, questo diritto è spesso disatteso: migranti, stranieri, poveri spesso non hanno accesso alle cure di cui hanno bisogno per scarsa conoscenza dei propri diritti, difficoltà linguistiche, incapacità a muoversi all’interno di un sistema sanitario complesso. È da questa consapevolezza – e dalla volontà di rendere concreto il diritto alla cura anche nel nostro Paese – che nasce il Programma Italia di Emergency. Ambulatori fissi e mobili, lavoro a fianco dei lavoratori agricoli, assistenza psicologica alle vittime del terremoto in Centro Italia, assistenza alimentare alle famiglie in difficoltà a causa della pandemia con il programma “Nessuno escluso” sono solo alcuni dei programmi portati avanti da Emergency.

Nelle guerre contemporanee, il 90% delle vittime sono civili. Donne, bambini, uomini con la sola colpa di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Gino Strada lo sapeva bene li vedeva ogni giorno nei suoi ospedali. Ma se al medico Strada bastava fare il suo lavoro di chirurgo per essere coerente con il suo mandato, all’uomo Strada non era sufficiente. All’impegno sul campo ha voluto che Emergency fosse testimone delle atrocità della guerra e che si facesse parte attiva nella lotta alla peggiore delle pandemie che l’essere umano abbia mai sofferto, la guerra. “Concepire un mondo senza guerra è il problema più stimolante al quale il genere umano debba far fronte. È anche il più urgente. Gli scienziati atomici, con il loro Orologio dell’apocalisse, stanno mettendo in guardia gli esseri umani: “L’orologio ora si trova ad appena tre minuti dalla mezzanotte perché i leader internazionali non stanno eseguendo il loro compito più importante: assicurare e preservare la salute e la vita della civiltà umana.” (Discorso di accettazione di Gino Strada al Premio Nobel Alternativo – Stoccolma, 2015).

Se c’è un luogo che è l’esempio più vivido di ciò che significa la guerra, la sua inutilità, la sua ferocia questo è l’Afghanistan. Emergency è in Afghanistan dall’inizio della guerra. Ha vissuto i momenti peggiori del conflitto, ha visto la guerra cambiare, ha assistito a un vero e proprio scempio che ha privato il Paese di tutto. Il quadro che emerge è quello di un Paese in cui la guerra ha cambiato fronti e tattiche, ma ha sempre mantenuto una costante: le vittime civili. Nel libro è descritto con chiarezza e con sgomento il momento in cui il dottor Strada incontra per la prima volta le vittime della tragedia Afghana. In un ospedale di Quetta in Pakistan : “Dieci chilometri fuori dalla città c’era l’ospedale, dove sarei andato a lavorare. “Surgical Centre for War Wounded”, centro chirurgico per feriti di guerra, recitava il cartello all’ingresso. Il Pakistan era in pace, almeno formalmente. Ma l’Afghanistan no. Anche dopo il ritiro delle forze di occupazione sovietiche la guerra era continuata: con i soldi e le armi di alcuni Paesi stranieri, Stati Uniti, Pakistan e Arabia Saudita in testa, i “ribelli” mujaheddin combattevano le forze governative del presidente Najibullah, filosovietico. I feriti venivano dalla regione di Kandahar, un viaggio massacrante, pericoloso, spesso ci mettevano due giorni per raggiungere Quetta……..Mezz’ora dopo, in sala operatoria, mi apparve per la prima volta l’orrore: la mano era esplosa e al suo posto c’era una palla disgustosa e bruciacchiata fatta di muscoli e pelle, ossa e vestiti, sangue coagulato e frammenti di plastica.”

“Cosa c’entrano i bambini con la guerra” se lo chiede per la prima volta di fronte a tanto orrore e, forse, è li che ripensa alla frase di Albert Einstein “La guerra non può essere umanizzata, deve solo essere abolita”. Sarà una sorta di refrain, di leitmotiv, quasi un’ossessione per Gino Strada e poi per Emergency, avviare una campagna per l’abolizione della guerra. E’ forse l’unica operazione incompiuta del dottor Strada. Tante volte pensata ma mai concretamente avviata. Tra le tante eredità che lascia a chi in Emergency lavora ed in Emergency crede c’è anche l’impegno a non dimenticare questo obiettivo, avviare un dibattito ampio e approfondito per mettere al bando la guerra così come si fece per la schiavitù. Ricordando sempre una delle sue frasi memorabili: “l’utopia è solo una cosa non ancora realizzata”.

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