Ambiente

Cancerogeno come il glisolfato

In Italia l’Istituto Ramazzini, che vanta oltre 40 anni di attività, ha studiato oltre duecento composti presenti nell’ambiente, i risultati hanno costituito una solida base scientifica per regolamentare e limitare l’esposizione ad un elevato numero di sostanze, tra cui il glifosato. Secondo i ricercatori dell’istituto, le dosi giornaliere ammesse per l’erbicida non sono sicure per l’uomo. Nel 2015, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato il glifosato come “probabile cancerogeno per l’uomo”.

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), in seguito alla valutazione dell’Istituto Federale Tedesco per la Valutazione del Rischio (BfR), ha successivamente affermato che il glifosato è “improbabile che ponga un pericolo cancerogeno per l’uomo” e l’Agenzia Europea per la Chimica (ECHA) ha affermato che “le evidenze scientifiche disponibili non soddisfano i criteri necessari per classificare il glifosato come cancerogeno, mutageno o tossico per la riproduzione”.

Una corposa documentazione scientifica indica che i test finora eseguiti sono inadeguati per determinare gli effetti tossici dei residui di glifosato e che il loro consumo mette a rischio la salute. Ma l’industria e le autorità preposte a decidere affermano che, negli studi effettuati sugli animali, gli effetti tossici del glifosato non sono rilevanti per l’uomo perché la popolazione è esposta a concentrazioni ritenute sicure, che non sono in grado di provocare effetti avversi.

Va tenuto presente che le autorità stabiliscono i limiti di sicurezza basandosi su dati provenienti dagli studi di tossicità su animali da laboratorio eseguiti dall’industria che produce questi fitofarmaci. Per verificare se le concentrazioni di glifosato ammesse come residuo nell’acqua e negli alimenti, e quindi come dose giornaliera nell’uomo, sono davvero sicure, l’Istituto Ramazzini ha effettuato uno studio pilota.La fase sperimentale pilota dello Studio Globale sul glifosato si è svolta presso l’Istituto Ramazzini di Bentivoglio, Bologna, a partire dal 2016. I fondi necessari per lo svolgimento dello studio pilota sono stati raccolti grazie agli oltre 30.000 soci dell’Istituto Ramazzini Cooperativa Sociale ONLUS.

Per realizzare lo studio l’Istituto Ramazzini ha costruito una rete di partner autorevoli, che includono l’Università di Bologna (Dipartimento di Agraria, Veterinaria e Biostatistica), l’Ospedale San Martino di Genova, l’Istituto Superiore di Sanità, la Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York e la George Washington University. La dose utilizzata nello studio pilota corrisponde alla dose giornaliera equivalente a quella ammessa negli Stati Uniti per l’uomo: l’Acceptable Daily Intake (ADI) di 1,75 mg/kg p.c./die.L’ADI è una stima della quantità di una sostanza in un alimento, o acqua, espressa in base alla massa corporea, che si stabilisce possa essere ingerita quotidianamente per tutta la vita da parte degli esseri umani senza rischi rilevabili per la salute.

Il trattamento degli animali con glifosato o con erbicidi a base di glifosato (Roundup Bioflow) è iniziato il sesto giorno di gestazione tramite somministrazione delle sostanze test alla madre (generazione F0) in acqua. Alla nascita, i neonati (generazione F1) hanno continuano il trattamento attraverso il latte materno, dopo lo svezzamento il trattamento degli animali è proseguito in maniera individuale fino a 70 giorni dalla nascita (PND 70) oppure fino a 120 giorni dalla nascita (PND 120).

I ratti trattati con glifosato puro o con il suo formulato Roundup hanno mostrato livelli comparabili di glifosato e del suo principale metabolita (AMPA) nelle urine, dimostrando quindi l’assenza, nei due gruppi di trattamento, di differenze significative nell’assorbimento e nell’escrezione di glifosato, suggerendo un effetto di bioaccumulo del glifosato proporzionale al tempo di trattamento.

I risultati dimostrano che gli erbicidi a base di glifosato, anche a dosi considerate sicure e dopo un periodo relativamente breve di esposizione (equivalente nell’uomo ad una esposizione dalla vita ​embrionale fino ai 18 anni), possono alterare alcuni importanti parametri biologici, in particolare quelli correlati allo sviluppo sessuale, alla genotossicità ed al microbioma/microbiota intestinale, in particolare durante lo sviluppo. I risultati hanno mostrano l’alterazione di alcuni parametri dello sviluppo sessuale nei ratti trattati con erbicidi a base di glifosato, specialmente nelle femmine.

I ratti trattati con erbicidi a base di glifosato hanno mostrato alterazioni statisticamente significative del microbioma intestinale, in particolare durante lo sviluppo. Per quanto riguarda la genotossicità, è stato osservato un aumento statisticamente significativo di micronuclei nelle cellule del midollo osseo nei ratti trattati, soprattutto nelle prime fasi della vita. Gli articoli peer-reviewed che rendono pubblici i primi risultati sugli effetti sul microbioma intestinale e sui biomarker espositivi, sono stati pubblicati nella prestigiosa rivista scientifica Environmental Health in formato open access.

Alla luce di questi risultati appare quindi evidente che il glifosato è pericoloso per la salute, inoltre i limiti di legge non ci proteggono a sufficienza. Sempre a detta della Belpoggi: […] È grave che non si prendano misure almeno per preservare l’acqua potabile, il nostro studio ha dimostrato che, contrariamente a quanto sostiene l’industria, esiste nei mammiferi un processo di bioaccumulo correlato al tempo di esposizione che rende difficile stimare la concentrazione di questo erbicida nel nostro organismo. Teniamo inoltre conto che insieme al glifosato altri pesticidi, ancor più pericolosi, hanno avuto lo stesso tipo di autorizzazione all’uso e che molto poco si sa sui possibili effetti delle miscele di composti pericolosi, anche se a basse dosi. Da quanto esposto si evince che la regolamentazione europea sull’uso dei pesticidi è inadeguata rispetto ai veri bisogni di tutela della salute pubblica. Ad esempio:

1) in 50 anni sono stati messi sul mercato 10 milioni di formulati di pesticidi diversi, e ogni volta che si procedeva alla registrazione di un nuovo prodotto, quelli esistenti sul mercato con le stesse caratteristiche e gli stessi utilizzi non venivano ritirati, anzi se risultavano più pericolosi del nuovo formulato, ci si limitava ad esportarli nei paesi in via di sviluppo; continuando in questo modo, nel 2050 si saranno accumulati sul mercato ulteriori milioni di formulati obsoleti e pericolosi.
2) La composizione dei formulati fa parte del segreto industriale dei produttori, quindi non è possibile sapere cosa contengono: non sappiamo a cosa siamo esposti ed il nostro studio, come altri, ha dimostrato che gli effetti del composti a base di glifosato erano più pericolosi.
3) Gli studi attualmente, come nel passato, vengono eseguiti senza tenere conto delle dosi reali a cui i cittadini sono esposti, quasi sempre la somministrazione avviene solo in età adulta, ignorando la fase prenatale e neonatale della vita, in cui vi è una maggiore suscettibilità, e troncando gli studi quando glianimali sperimentali hanno 104-112 settimane di vita, corrispondenti a circa 55-65 anni nell’uomo, ignorando così che molte malattie degenerative, compreso il cancro, possono essere dovute ad esposizioni precoci e svilupparsi solo dopo questa età. Gli studi così concepiti sono poco sensibili, le linee guida richiedono un aggiornamento sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche.

Maurizio Proietti – medico

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