Editoriale

Se il coronavirus contagia il potere

Ci sono due parole che mi hanno colpito in questi giorni; guerra e coprifuoco. La parola guerra la usano tutti a ripetizione, come un mantra. Serve a dare un senso alle nostre paure e alla decisione di mettere in campo provvedimenti draconiani: siamo in guerra e quindi…

La parola coprifuoco l’ho sentita per la prima volta ieri definendo in questo modo l’ordine impartito dal governo indiano di chiusura totale di qualsiasi attività e l’obbligo a stare in casa per i circa 1,3 miliardi di loro concittadini.

Fa impressione ricordare come in quel Paese il numero dei senzatetto sia elevatissimo e una parte consistente (si parla di alcuni milioni di esseri umani) vive in strutture fatiscenti prive dei più elementari servizi. Non stupisce quindi che invece di divieto si parli di coprifuoco. In Salvador l’esercito presidia le strade minacciando di sparare sulla popolazione costretta anche essa ad una forzata clausura.

Anche in Italia si sta discutendo sull’opportunità di dispiegare l’esercito a presidio del nostro coprifuoco. Se questa è una guerra è logico che scenda in campo l’esercito. Parrebbe un assioma del tutto ragionevole. Ed è proprio per questo che l’uso della parola guerra è inquietante, perché porta con se decisioni ed effetti che vanno ben oltre l’esigenza di fermare una pandemia e rischiano di diventare permanenti. Il rischio è, evidentemente, che una popolazione sotto shock per gli effetti del COVID-19 sia disposta ad accettare norme e comportamenti anti democratici che in altre circostanze non sarebbero tollerate.

Quella dello “shock doctrine”, la dottrina dello shock, è un fenomeno ben conosciuto dai politologi ed è stato ben descritto dalla sociologa e politologa Naomi Klein nel suo libro “Shock economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri” ed indica la strategia piuttosto brutale di utilizzare sistematicamente il disorientamento dell’opinione pubblica dopo un trauma collettivo, guerre, colpi di stato, attacchi terroristici, crolli dei mercati azionari, pandemie o calamità naturali, per far passare misure radicali a favore del potere politico ed economico. È quella che spesso viene chiamata “terapia d’urto” o “shockterapia”.

Lo stato di shock subentra quando si spalanca un baratro tra i fatti e la nostra capacità iniziale di spiegarli. Tantissimi di noi, quando si trovano in una situazione del genere, diventano vulnerabili alle autorità o alle figure autoritarie. Lo spiega bene la paladina polacca dei diritti umani Halina Bortnowska “Non ci si può più attendere che la gente agisca nel proprio interesse quando è talmente disorientata da non capire qual è il suo interesse, oppure non le importa più”

Per i governi e le élite globali la lotta (o guerra per l’appunto) al CODIV-19 è si tratta dell’occasione perfetta per rendere effettivi quei programmi politici che, in circostanze diverse, se non fossimo tutti disorientati, incontrerebbero una durissima opposizione. Questa catena di eventi non è una prerogativa solamente della crisi provocata dal Coronavirus, è un progetto che la classe politica e i governi hanno perseguito per decenni.

L’esempio più eclatante è stata l’emanazione in tempo da record del Patriot act, la legge federale statunitense controfirmata dal presidente George W. Bush il 26 ottobre 2001 che, con la scusa di proteggere gli USA dopo l’attacco dell’11 settembre 2001, rinforza il potere dei corpi di polizia e di spionaggio statunitensi, quali CIA, FBI e NSA, intaccando di conseguenza la privacy e le libertà individuali dei cittadini. In nessuna altra circostanza un presidente avrebbe potuto imporre una tale mole di limitazioni alle libertà personali senza ricevere come risposta una poderosa campagna di opposizione da parte della componente liberal della società e della politica statunitense. Fu garantito dall’allora presidente Bush che, finita l’emergenza terrorismo, le norme sarebbero state riviste. Sono trascorsi quasi 20 anni e neppure Barack Obama ha avuto la forza di metterci mano.

Nessuna democrazia occidentale si può permettere di stravolgere anche per un solo giorno i principi che sono alla base della vita civile e politica di uno Stato. In Europa in questo momento assistiamo all’ascesa di movimenti e uomini politici che approfitterebbero volentieri dell’emergenza CODIV-19 per imporre la loro visione repressiva ed autoritaria dell’ordinamento statale. Polonia, Ungheria e, purtroppo, Italia sono tre stati a rischio da questo punto di vista. Combattiamo quindi questa pandemia ma lasciamo la guerra ai libri di storia, di guerre e di coprifuoco in questo mondo se ne sono visti già troppi.

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