Attualità

Coronavirus viaggia tra le balle

Per quanto riguarda quanto riportato da alcuni organi di stampa, Gianni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss, precisa quanto segue:

“Si fa presente che i provvedimenti presi dal governo italiano in anticipo rispetto agli altri paesi Europei diminuiscono certamente la probabilità di arrivo di pazienti infetti, il che naturalmente non vuol dire che si possa escludere questa evenienza, anche perché il traffico dei passeggeri verso l’Europa non sarà mai del tutto bloccato. Quindi in questa fase si deve ragionare in termini probabilistici, ed è errato fare riferimento ad un ipotetico ‘rischio zero’. Certamente la diminuzione del volume di passeggeri in arrivo da zone a rischio riduce la probabilità di introduzione dell’infezione attualmente, ma ciò non vuol dire che il peggio sia passato in quanto bisogna tenere altissima l’attenzione finché i focolai cinesi particolarmente attivi non saranno posti sotto controllo.

Per quanto riguarda il paragone con l’influenza, questo è semplicemente dovuto al fatto che non essendoci attualmente circolazione del nuovo coronavirus in Italia la stragrande maggioranza delle febbri rilevate in questo momento sono attribuibili al virus influenzale, ma non vuol dire automaticamente che la minaccia posta dal nuovo coronavirus debba essere posta sullo stesso piano, essendo la pressoché totalità della popolazione suscettibile a un virus totalmente nuovo. Com’è buona norma in questi casi si ritiene di dover esprimere estrema cautela sulle valutazioni in merito a un fenomeno nuovo”.

L’Oms ha dichiarato il coronavirus, nato in Cina, “non ancora una pandemia”. Ma cosa significa? E che differenza c’è con una epidemia o una endemia?

L’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato il coronavirus, nato in Cina, “non ancora una pandemia“. Resta quindi classificato come epidemia di emergenza sanitaria globale. La pandemia, dal greco pan-demos, “tutto il popolo”, è un’epidemia che si espande rapidamente diffondendosi in più aree geografiche del mondo.

“Si definisce pandemia un’epidemia che si diffonde tra i Paesi”, spiega David Jones, professore di cultura della medicina all’Università di Harvard, citato da Health.com. In base alla suscettibilità della popolazione e alla circolazione del germe – scrive l’Istituto superiore di sanità – una malattia infettiva puo’ manifestarsi in una popolazione in forma epidemica, endemica o sporadica.

EPIDEMIA

Si verifica quando un soggetto ammalato contagia più di una persona e il numero dei casi di malattia aumenta rapidamente in breve tempo. L’infezione si diffonde, dunque, in una popolazione costituita da un numero sufficiente di soggetti suscettibili. Spesso si riferisce al termine di epidemia con un aumento del numero dei casi oltre l’atteso in un particolare area e in uno specifico intervallo temporale.

“Le epidemie”, spiega sempre Jones, “sono considerate tali caso per caso”. Per comprendere meglio, vengono considerati due esempi: Hiv e febbre tifoide. “L’Hiv è chiaramente una malattia diffusa ma” – continua Jones – “non è necessariamente un’epidemia negli Stati Uniti in questo momento. Dal momento che ci sono stati 50 mila nuovi casi di Hiv ogni anno negli Stati Uniti, e questo numero è stato abbastanza stabile per decenni, non c’è davvero un’epidemia di Hiv perché è il numero previsto di casi”.

La febbre tifoide, d’altra parte, fece ammalare 51 persone a Long Island nel 1906. È un numero estremamente piccolo, relativamente parlando, ma all’epoca e in quella specifica area, 51 casi di febbre tifoide erano un picco abbastanza drammatico da essere considerato un’epidemia.

ENDEMIA

Una malattia si considera endemica quando l’agente responsabile è stabilmente presente e circola nella popolazione, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato ma uniformemente distribuito nel tempo.

SPORADICITÀ

Il caso sporadico – scrive l’Iss – è quello che si manifesta in una popolazione in cui una certa malattia non è stabilmente presente. Tuttavia, alcune malattie infettive non contagiose, abitualmente sporadiche (come il tetano), sono causate da microrganismi stabilmente presenti nel territorio. In questi casi, i germi sono confinati nei loro serbatoi naturali e solo eccezionalmente penetrano in un ospite umano dando luogo alla malattia.

Ecco le balle che si raccontano sul virus

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel suo report sul coronavirus 2019-nCoV del 2 febbraio, ha lanciato l’allarme sul fenomeno della “infodemia”, cioè sulla «sovrabbondanza di informazioni – alcune accurate altre no – che rende difficile per le persone trovare fonti sicure e indicazioni affidabili quando ne hanno bisogno».

Per contrastare questa emergenza, l’Oms sta cercando di individuare quali sono le notizie false più diffuse – per esempio su cure e misure preventive che andrebbero adottate – e di rispondere sul proprio sito e sui propri canali social (tra cui WeiboTwitterFacebookInstagramLinkedInPinterest). Andiamo allora a vedere tutte le principali notizie false che sono circolate negli ultimi giorni sul coronavirus 2019-nCoV, in Italia e non solo.

Il virus non è stato creato in laboratorio

Nei giorni scorsi è circolata molto in Italia la notizia che il coronavirus 2019-nCoV sarebbe stato creato in un laboratorio segreto dal governo cinese e che poi si sarebbe diffuso tramite un tecnico della struttura che, contagiato, lo avrebbe inconsapevolmente diffuso all’esterno.

A Wuhan, la città cinese considerata il focolaio del virus, c’è in effetti un centro di ricerca su virus e batteri col massimo livello di sicurezza (livello 4), ma il legame tra questo laboratorio e la diffusione del virus – come abbiamo verificato in una nostra analisi dedicata alla questione, e come hanno verificato anche alcuni colleghi fact-checker stranieri – rimane finora del tutto infondato. Vediamo il perché.

La teoria del virus creato in laboratorio e da qui  “fuggito” è nata con ogni probabilità da un’intervista data a un quotidiano statunitense da un «esperto» israeliano di armi batteriologiche, Dani Shoham. Tuttavia il quotidiano – il Washington Times, da non confondere con il Washington Post –  è notoriamente poco affidabile e, soprattutto, Shoham ha chiarito successivamente di aver detto al Washington Times che «ad oggi non c’è alcuna prova che ci sia stato un incidente» tramite il quale si sia diffuso il virus. Non solo: «L’intero contagio potrebbe avere ovviamente un’origine naturale, come sembra essere la via più probabile al momento».

Il laboratorio di Wuhan, poi, non è affatto un “centro segreto” ma è il frutto di una collaborazione internazionale (in particolare con la Francia, ma non solo). Difficile ipotizzare che, se anche Pechino avesse voluto creare un virus-arma, lo avrebbe fatto qui, dove hanno accesso anche esperti di Paesi stranieri.

Infine, anche seguendo la semplice logica, il coronavirus 2019-nCoV non sembra avere le caratteristiche di un virus-arma: ha infatti un raggio di diffusione molto ampio e una mortalità molto bassa, un’arma batteriologica deve invece avere esattamente le caratteristiche opposte.

Il virus non è stato creato da Big Pharma per vendere i vaccini

Un’altra storia che si è diffusa sul web a proposito del coronavirus 2019-nCoV è che il vaccino per questo virus esistesse già e che il suo propagarsi fosse una macchinazione delle grandi industrie farmaceutiche per vendere appunto il vaccino.

Anche questa notizia è falsa: ad oggi non esiste ancora alcun vaccino per il coronavirus 2019-nCoV. Le bufale che parlano dell’esistenza di un brevetto si riferiscono in realtà a vaccini per tipi di coronavirus precedenti a quello attuale, che si erano diffusi in diversi luoghi del pianeta negli anni passati.

In particolare, ci siamo occupati di recente della notizia falsa che riguarda il brevetto di un vaccino di un virus, classificato come «Coronaviridae» da parte del Pirbright Institute. Il brevetto in questione è però relativo a un vaccino per la prevenzione delle malattie respiratorie in alcuni animali, non nell’uomo, e non c’entra nulla con il coronavirus nCoV-2019.

I migranti che sbarcano in Italia non portano il virus

Un’altra narrazione pericolosa – e destituita di fondamento – è quella che associa gli sbarchi di migranti sulle coste italiane al pericolo del coronavirus 2019-nCoV. Come abbiamo scritto, ad oggi non esiste alcuna prova di un legame tra sbarchi e virus.

I migranti arrivano per lo più dall’Africa, dove ancora non è stato confermato nemmeno un caso di contagio. Inoltre al loro arrivo vengono sottoposti a un rigoroso screening medico, e questo accadeva anche prima che si diffondesse il coronavirus dalla Cina. Infine, le autorità internazionali da noi contattate – in particolare lo European center for Disease Prevention and Control (Ecdc) – hanno smentito l’esistenza di qualsiasi prova a sostegno di questa correlazione tra sbarchi e virus.

Non ci si difende dal virus con metodi casalinghi

L’Oms ha diffuso una serie di “buone pratiche” da adottare per ridurre il rischio di contagio, molte delle quali di basilare buon senso: evitare il contatto stretto con soggetti affetti da infezioni respiratorie acute; lavare frequentemente le mani, in particolare dopo contatto con persone malate o con il loro ambiente; evitare contatti non protetti con animali di fattoria o selvatici; persone con sintomi di infezione acuta delle vie aeree dovrebbero mantenersi a distanza, coprire colpi di tosse o starnuti con fazzoletti usa e getta o con i vestiti e lavarsi le mani; rafforzare, in particolare nei pronto soccorso e nei dipartimenti di medicina d’urgenza, le misure standard di prevenzione e controllo delle infezioni.

Purtroppo sono però circolate anche diverse notizie false a proposito di rimedi casalinghi per prevenire o curare il contagio. Non esiste alcuna prova che ingerire acido acetico, acqua salata, etanolo o steroidi possa avere un qualsiasi effetto benefico nel combattere il virus. Allo stesso modo non è dimostrata alcuna efficacia del fare sciacqui nasali con soluzioni saline, prendere antibiotici, fare gargarismi e risciacqui, mangiare aglio o cospargersi di olio di sesamo per evitare il contagio.

Il coronavirus 2019-nCoV non è pericoloso come il colera o la peste

Alcuni quotidiani hanno hanno male interpretato un passaggio dell’audizione in Parlamento del 27 gennaio del ministro della Salute Roberto Speranza, facendo passare il messaggio che il coronavirus sia pericoloso come il colera o la peste.

Speranza in realtà ha affermato: «Il nuovo virus, pur essendo per il momento classificato come di tipo B quanto a pericolosità (al pari di quelli della Sars, dell’Aids o della Polio), viene gestito come se fosse appartenente alla classe A (la stessa del colera e della peste)».

La questione, quindi, riguarda nello specifico la gestione del nuovo coronavirus e non la sua pericolosità. Quest’ultima non è, ad oggi, del livello della peste e del colera.

Non bisogna evitare i ristoranti cinesi (e i cittadini cinesi)

Come abbiamo scritto anche in passato, non c’è alcun pericolo nell’andare a mangiare nei ristoranti cinesi in Italia.

Come spiegano gli esperti, il rischio contagio, infatti, non riguarda i cibi. Roberto Burioni, professore di microbiologia e virologia al San Raffaele, ad esempio ha spiegato che la trasmissione  del virus «avviene sempre per via respiratoria e mai attraverso il cibo, anche se crudo».

Sempre Burioni ha spiegato anche perché sia infondata la paura del contagio da parte di persone di cittadinanza cinese. «I cinesi in Italia sono esposti come tutti gli altri al pericolo di contrarre il virus, che non bada a razza e colore della pelle e che comunque da noi non ha generato alcun focolaio di infezione», spiega ancora il virologo.

I due casi confermati in Italia, infatti, sono infezioni di primo grado, cioè hanno contratto il virus in Cina. Per parlare di focolaio in Italia si dovrebbe registrare almeno un caso di infezione secondaria, e questo non è ancora avvenuto. Se anche questa eventualità si dovesse verificare, non è affatto sicuro che coinvolgerebbe altri cittadini cinesi.

Lettere e pacchi provenienti dalla Cina non sono pericolosi

Anche pacchi e lettere provenienti dalla Cina, o da altri Paesi in cui siano stati registrati casi di coronavirus 2019-nCoV, sono sicuri.

Come spiega l’Oms, è stato infatti dimostrato che il virus non sopravvive a lungo depositato sulle superfici (come quelle appunto di pacchi e lettere) e dunque il tempo necessario perché la spedizione arrivi è assolutamente sufficiente a garantire che non ci sia alcun rischio di contagio.

Il virus non passa dagli animali domestici

Ancora l’Oms rassicura poi sul fatto che non sia pericoloso accarezzare gli animali domestici, in quanto ad oggi non ci sono prove che il coronavirus 2019-nCoV possa infettare gli animali.

Video falsi e foto false a proposito del coronavirus

Complice la grande attenzione da parte delle persone e dei media al tema del coronavirus 2019-nCoV, sono circolate sul web moltissimi video e immagini false o decontestualizzate.

In primo luogo, i video e le immagini che ritraggono persone orientali che mangiano pipistrelli, serpenti o topi vivi non hanno alcun legame col virus. Un esempio su tutti: il video di una ragazza che mangia un pipistrello – dal titolo “Coronavirus ragazze mangiano e squarciano un pipistrello per sponsorizzare la cucina cinese. 2020” – è in realtà un video del 2016 ed è stato girato a Palau, un arcipelago nell’Oceano Pacifico occidentale, non in Cina.

Allo stesso modo non risultano collegati con il virus 2019-nCoV i video di persone orientali che si accasciano per strada, che sono circolati negli ultimi giorni. Un video, ad esempio, girato in Thailandia – come ricostruito dai colleghi fact-checker del Paese asiatico – riprende una persona ubriaca e non un contagiato dal coronavirus.

Conclusione

Sul coronavirus 2019-nCoV, denuncia l’Oms, stanno girando numerosissime informazioni, molte delle quali inesatte o completamente sbagliate. Qui abbiamo raccolto le principali in cui ci siamo imbattuti negli ultimi giorni ma tutto lascia supporre che continueranno a essere prodotte e diffuse, per capitalizzare l’apprensione che l’argomento suscita nell’opinione pubblica.

Una conseguenza di questa disinformazione, denunciano sia i media italiani che internazionali, è un aumento degli episodi di razzismo nei confronti delle persone orientali. Un motivo in più, dunque, per evitare la trappola delle fake news.

Per ottenere le informazioni corrette, ricordiamo, è consigliato consultare i siti dell’Oms, dell’Ecdc, dell’Istituto superiore di sanità, oppure chiamare l’apposito numero verde del Ministero della Salute 15 00.

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