Mondo

Silenzio, si estrae

Quando una notizia importante esce dai radar non solo dell’informazione ma anche della diplomazia internazionale con la velocità dei 49 milioni di euro dalle casse della Lega è il momento di indagare cosa c’è sotto. E’ il caso del memorandum d’intesa Ankara-Tripoli, siglato una quindicina di giorni fa a Istanbul da Erdogan e da Fayez al-Sarraj il premier del governo di Accordo nazionale libico (quello riconosciuto dall’Onu).

Questo accordo attribuisce alla Turchia il controllo su un’ampia porzione del Mediterraneo orientale, area rivendicata però anche da Grecia, Cipro ed Egitto. Il patto, estenderebbe di circa un terzo i confini della piattaforma continentale turca, coprendo peraltro zone cruciali per le estrazioni di idrocarburi offshore in un’area che Cipro ritiene sua zona economica esclusiva (Zee). Per questa ragione, oltre alle già citate rimostranze di Grecia e Cipro si unisce anche l’opposizione dal sedicente Esercito nazionale libico guidato dal generale Khalifa Haftar.

In questa sorta di terza guerra mondiale a puntate (come la definisce l’esperto Capo di Stato Vaticano) che si sta svolgendo in Medio Oriente si segnala, tra le altre anomalie, la contrapposizione tra la Turchia che appoggia il governo di Tripoli e la Russia che invece è scesa decisamente in aiuto del governo della Ciranaica guidato per l’appunto da Khalifa Haftar.

L’assurdità di questa situazione trova una clamorosa conferma nella contraddizione tra la fornitura della prima parte del sistema di Difesa aerea S-400 di fabbricazione russa e i combattimenti che sono attualmente in corso intorno alla città di Tripoli dove si confrontano tra gli altri mercenari inviati da Putin da una parte e truppe libiche sostenute da Erdagan dall’altra.

“Business is business” si dirà però fa una certa impressione vedere con quanta disinvoltura un Paese della Nato acquista sistemi militari complessi da un Paese che è impegnato a contrastare su un teatro di guerra importante come quello libico.

Ma torniamo a questo accordo che mira a stravolgere la nuova geografia energetica del Mediterraneo, un’area strategica dove transiteranno, secondo progetti ormai in fase di completamento, i gasdotti Tap e Eastmed che porteranno tra l’altro il gas egiziano e israeliano a Cipro e in Grecia per poi finire in Italia. La strategia del sultano turco è connessa direttamente al nuovo legame di cooperazione tra Erdogan e Al-Serraj, e agli aiuti militari della Turchia per dare maggiore forza al governo di Tripoli nel suo confronto con il capo del governo ribelle della Cirenaica Khalifa Haftar sostenuto, come abbiamo detto, anche da Mosca e da mercenari russi.

In tutto questo scenario c’è da segnalare il ritardo con il quale la diplomazia europea si è mossa (che novità!!!). La risposta comunitaria è stata affidata al nostro ineffabile ministro degli Esteri, il quale il 17 dicembre incontrerà Al Serraj per riportarlo a più miti consigli, almeno questo è l’intento di Angela Merkel e Emmanuel Macron che sono i mandanti di questa che sembra una missione più di facciata che altro.

In altri luoghi e con soggetti ben più preparati e autorevoli del nostro Luigino Di Maio dovrà essere combattuta la battaglia diplomatica prima che diventi una guerra aperta che potrebbe infiammare i confini dell’Europa. Qui non si parla più di migranti in arrivo o di perdita di quote sull’estrazione del petrolio, adesso il rischio è molto più alto.

In un articolo di qualche tempo fa avevamo denunciato un fatto grave. Il 28 giugno 2018, infatti, l’Imo (Organizzazione Marittima internazionale) ufficializzò quello che in passato non sarebbe mai stato concesso alla Libia e registrò su comunicazione delle autorità libiche, la zona Sar libica con un proprio centro di coordinamento di soccorsi (JRCC).

Dalla costa di Tripoli alla linea rossa di confine le miglia furono estese a circa 116. Quello che è sempre stato considerato un abuso, con la scusa del controllo del Sud Mediterraneo è diventato ufficiale. La nostra denuncia riguardava il sospetto che, con la scusa del controllo del traffico di esseri umani e l’intento di fermare la migrazione verso le coste italiane, si creava un’area all’interno della quale nessun controllo sarebbe stato possibile. Fummo, evidentemente, buoni profeti.

C’è voluto Ghassan Salamé, inviato Onu in Libia, per svegliare i sonnacchiosi politici europei (italiani in testa) “L’Italia, l’Europa sono ferme. Siete fermi. Vi è esplosa la crisi più paurosa di sempre alle porte di casa e voi non fate nulla, rischiate di essere marginalizzati da un processo che vi tocca e può portare ad altra guerra”. Se queste sono le parole, espresse alla conferenza Med di Roma, da quello che è stato spesso accusato di essere un mediatore piuttosto tiepido, si può comprendere quanto sia seria la situazione.

La diplomazia italiana d’altronde rimane schiacciata tra la dichiarazione di equidistanza fra Al Serraj e Haftar fatta da Conte (apparsa incomprensibile riferita ad un governo riconosciuto dall’Onu e un capo milizia che mentre tratta con la comunità internazionale stringe d’assedio Tripoli) ignorando l’accorato appello fatto da governo di Tripoli al nostro Paese e l’immobilismo (leggi incompetenza) del nostro ministro degli Esteri.

Nulla di nuovo sotto il sole, se c’è una cosa che è sempre mancata all’Europa d’altronde è proprio una coesione sulle questioni internazionali. Mai come oggi si vedono i danni dalla mancata regia comune della politica estera comunitaria.

 

 

 

 

 

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