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Shanghai caput mundi

Nella caotica trasformazione della società contemporanea dobbiamo fare i conti anche con nuovi termini, nuove definizioni, uno di questi è lo “sprawl urbano”. Si tratta del fenomeno che più caratterizza i territori della contemporaneità. Oltre a determinare una nuova estetica urbana attraverso lo stravolgimento del territorio urbanizzato, esso esprime più di qualsiasi atro fenomeno le trasformazioni economiche, sociali, politiche, amministrative e culturali della nostra epoca. Gli urbanisti lo definiscono un disordine solo apparentemente irrazionale, che riflette i modi di fruire e percepire lo spazio della società dei consumi. Il termine tecnicamente significa “espansione” ed è usato per definire le espansioni a bassa densità e ad alto consumo di territorio proprie di molte aree urbanizzate contemporanee. L’argomento è tutt’altro che tecnico o, per lo meno, non è solo tecnico. Legata all’analisi dello sviluppo delle aree urbane, quelle che vengono ormai definite megalopoli, si impone, infatti, una riflessione sul modello di sviluppo delle moderne società e le previsioni sugli sviluppi da qui ai prossimi decenni. Tanto per dare un’idea di quanto la situazione demografica stia rapidamente cambiando possiamo pensare al fatto che cent’anni fa la città più popolosa al mondo era Londra con 6,5 milioni di abitanti. Oggi Londra con i suoi 8.825.000 abitanti è scesa al 19° posto nelle città più popolose al mondo. Tutto questo in virtù del fatto che l’apertura all’economia di mercato della Cina ha fatto si che la popolazione di quel Paese si andasse concentrando sempre più intorno a grandi aree produttive. Se vediamo quali sono le 10 città più popolose al mondo ci rendiamo conto di questa vera e propria rivoluzione urbanistica:

Le 10 città più popolose del mondo

1. Shanghai, Cina 24,8 milioni di abitanti (censimento 2017).

2. Pechino, Cina 21,5 milioni di abitanti (censimento 2018).

3. Lagos, Nigeria 21,3 milioni di abitanti (censimento 2006)

4. Delhi, India 18,9 milioni di abitanti (censimento 2012)

5. Mumbai, India 18, 4 milioni di abitanti (censimento 2010)

6. Tientsin, Cina 15,2 milioni di abitanti (censimento 2017)

7.Instabul, Turchia 15 milioni di abitanti (censimento 2017)

8. Karachi, Pakistan 14 milioni di abitanti (censimento 2017)

9. Canton, Cina milioni di abitanti (censimento 2008)

10. Bangalore, India 12,3 milioni di abitanti (censimento 2017)

Questo aspetto sarebbe ancora più evidente se analizzassimo le maggiori aree metropolitane, in questo caso la presenza di megalopoli cinesi nei primi posti della classifica sarebbe anche maggiore. Il fenomeno dell’espansione urbana può essere analizzato da due punti di vista, quello di area metropolitana e quello di sprawl. Il primo, erede di un’idea positivista e razionale dello sviluppo, avrebbe dovuto portare a metropoli ordinate ed efficienti. Il secondo, conseguenza dello sviluppo capitalistico incontrollato e dell’indifferenza nei confronti dell’ambiente, si è sviluppato intorno ad un modello di città estesa come uno dei simboli del processo di appropriazione illimitata dello spazio.

Sono molti gli analisti che si interessano a questo fenomeno che è particolarmente rilevante e significativo per capire il cambiamento dell’organizzazione territoriale delle odierne società. Si deve tenere in considerazione non solo il concetto generico di ‘consumo’ del suolo quali spazi verdi, agricoli o più generalmente spazi rurali e l’impatto che tutto questo ha sui relativi ecosistemi e sulla biodiversità. Oltre all’eccessiva trasformazione paesaggistica a causa delle costruzioni edilizie e della realizzazione dell’intera viabilità: reti stradali, elettriche, idriche, fognarie, ecc. dobbiamo anche prendere in considerazione l’impatto che tutto ciò ha sulle relazioni sociali, gli equilibri economici e sulla assoluta insostenibilità del sistema nel lungo periodo.

Una delle domande che dobbiamo porci è: il gigantismo urbano, la metropolizzazione del territorio, le grandi città globali, gli slum e le baraccopoli, le mega-regioni, le mega-city, sono compatibili con la nostra idea di democrazia? Più della metà degli abitanti della terra oggi risiedono nelle aree urbanizzate. I rapporti umani nelle aree metropolitane estremamente estese sono improntati sempre più su una ghettizzazione. Oggi le città, soprattutto le più grandi, invece che alla sicurezza, sono sempre più associate alla paura e al pericolo. Questo modello urbano è ecologicamente e democraticamente sostenibile? . Oggi consumiamo il 23% in più delle risorse che la Terra riesce a produrre in un anno. Le risorse che la biosfera produce in 365 giorni noi le bruciamo in 282. Più la città è estesa, più questa impronta è forte.

Quale umanità vive in queste megalopoli? Un’umanità frastagliata e segmentata, quella analizzata da studiosi come Baumann che la definisce l’umanità in eccesso, superflua, esclusa dal progresso, chiusa in enclave identitarie anche a base etnica (vedi in particola modo le megalopoli indiane). Accanto alle élite globali, non interessate agli affari pubblici della loro città, il resto della popolazione vive lottando per la vita spesso ai margini o fuori della legalità nelle anonime periferie urbane. Qui regna lo sradicamento, la solitudine, l’esclusione sociale e qui sembrano smarrite le speranze di emancipazione e integrazione sociale. La politica ha spesso ignorato questo processo di emarginazione di intere categorie sociali con le conseguenze che si cominciano a vedere sempre più spesso anche in Europa. Gli squilibri sociali ed economici tra queste grandi aree urbane alimentano i flussi migratori che, simili al principio dei vasi comunicanti, si dirigono dove maggiori sono le possibilità di sopravvivenza e di riproduzione vitale.

La Cop 25 (Conferenza mondiale Onu sui cambiamenti climatici) in corso a Madrid dovrebbe affrontare anche questo aspetto del deterioramento delle condizioni di vita sul pianeta. I tempi come tutti sanno sono molto stretti ma la volontà politica e la capacità delle élite sono inadeguate alla sfida che ci attende. Non basteranno tutte le Greta del mondo per sovvertire le sorti di questa partita a scacchi che è diventato il rapporto tra l’essere umano e il proprio ambiente.

 

 

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