
La prima vittima della guerra è la verità. Lo disse Eschilo già nel 6° secolo prima dell’era volgare e rimane un’affermazione valida anche ai nostri giorni. Una palese dimostra zone di ciò sta nell’attuale crisi curda. La facile interpretazione ci porterebbe a credere che Erdogan abbia approfittato dell’annunciato ritiro delle truppe USA dal nord della Siria per chiudere la partita con i curdi.
La verità è che questa operazione è stata pianificata da molti mesi e concordata con il presidente Trump. Un anno fa, per scongiurare l’invasione turca, la dirigenza curda dello YPG (Unità popolari curde) ha accettato le richieste di Turchia e USA di smobilitare armi pesanti, artiglieria e fortificazioni dalla zona di confine con la Turchia ma quella richiesta rappresentava una trappola che è scattata puntualmente la scorsa settimana. Quanto concordato fosse questa azione militare lo dimostra il fatto che il ritiro delle truppe USA non è mai avvenuto e mai avverrà.
Ma la storia del popolo curdo è costellata di tradimenti. Quello curdo è il popolo senza terra più numeroso del pianeta, si tratta di 30 milioni di persone che vivono in un’area (da loro chiamata Kurdistan) che si estende in Turchia, Iraq, Iran, Armenia e Siria (550 mila chilometri quadrati). Le popolazioni di questa area (prevalentemente mussulmani sunniti) si proclamarono popolo curdo già nel 7° secolo dell’era volgare. E qui essi combattono dal 1920 per il riconoscimento del loro diritto di autodeterminazione dopo essere stati traditi dalle forze vincitrici della Prima Guerra Mondiale che non hanno ottemperato alla promessa di costituzione di uno Stato Curdo dopo il disfacimento dell’Impero Ottomano contenuta nel Trattato di Sèvres (1920). Nella versione finale del Trattato (1923 ) non si fa più cenno a questo impegno e i curdi rimasero disgregati in vari Paesi. La lotta si è intensificata da quando i kurdi turchi si sono organizzati nel Partito del Lavoratori del Kurdistan (PKK). Da allora l’esercito di Ankara, appoggiato anche da alcuni Paesi dell’Occidente, ha intrapreso un vero e proprio genocidio teso alla eliminazione culturale e fisica del popolo curdo provocando finora 35mila morti e 3 milioni di rifugiati. Siamo in presenza di una vera e propria diaspora curda, che si è accentuata negli ultimi decenni e che ha portato circa metà della popolazione curda mondiale a vivere fuori dal Kurdistan, soprattutto in Germania.
I tradimenti del popolo curdo sono stati la cifra della loro esistenza.
Dicembre del 1945 in Iran venne creato uno Stato Curdo Indipendente, che crollò quando gli Iraniani ripresero possesso di quel territorio sei mesi dopo.
Febbraio del 1963 dopo un colpo di stato in Iraq, il governo promise ai curdi una maggiore autonomia, ma le promesse non vennero mantenute, queste tensioni sfociarono nella formazione del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ossia un sistema organizzativo di carattere politico-militare. Gli altri due partiti curdi, il Partito democratico curdo (il Pdk, fondato nel 1945 da Mustafa Barzani) e l’Unione patriottica del Kurdistan (Puk, di Jalal Talabani) sono in Iraq e chiedono invece una larga autonomia, che hanno in parte ottenuto grazie alla zona di esclusione aerea creata dall’ONU nel 1991. Dal dicembre 1994 però Pdk e Puk, un tempo alleati, hanno cominciato a contendersi militarmente il dominio della regione e il governo regionale curdo, istituito grazie alla protezione occidentale, è di fatto impotente dinanzi alla guerra fratricida.
1974 dopo anni di scontri sporadici, l’Iraq concedette ai curdi un’autonomia limitata, ma poco dopo gli accordi vennero violati e la guerriglia si trasformò in guerra vera e propria e ondate di profughi curdi si riversarono in Iran.
1979 dopo la morte dello Shah, i curdi fecero pressioni per l’autonomia in Iran e l’Ayatollah Khomeini rispose ordinando al suo esercito di soffocare le rivolte dei curdi con la forza.
1984 i ribelli curdi, guidati dal PKK, iniziarono una lunga e violenta campagna per l’autonomia in Turchia.
28 febbraio 1991, al termine della Guerra del Golfo, i curdi, incoraggiati dal Presidente americano George Bush, iniziarono una violenta rivolta contro l’Iraq.
Ma veniamo ai giorni nostri.
Nelle fasi iniziali della guerra civile siriana (2012) le fazioni militari dei curdi-siriani, in particolare l’Ypg, riuscirono a prendere il controllo contro le forze fedeli al regime di Assad. Questo controllo venne però in larga parte perso a seguito di una massiccia offensiva militare delle forze dell’ISIS nell’autunno del 2014. La città di Kobane divenne allora il centro dello scontro tra curdi-siriani e Isis che , anche grazie all’aiuto dell’aviazione statunitense, furono sconfitti e nel gennaio 2015 le forse curde dell’Ypg riuscirono a liberare la città e a riconquistare numerosi villaggi occupati dallo Stato Islamico.
Sempre in quell’anno i guerriglieri curdi, anche questa volta con il supporto dell’aviazione Usa, riuscirono a riconquistare i propri territori (noti anche come Rojava, o Kurdistan siriano) che erano stati occupati dall’Isis. La situazione sul campo portò alla necessità di creare una coalizione ribelle che non fosse esclusivamente di matrice curda. Da questa esperienza nacquero a ottobre 2015 le Syrian Democratic Forces, di cui fanno parte oltre all’Ypg curdo anche milizie arabe e di altre etnie.
Tra il 2016 e il 2017, i curdi-siriani rafforzarono il proprio controllo sul Rojava contribuendo in modo determinante alla sconfitta finale dell’Isis, in particolare con la conquista della città di Raqqa, capitale dello Stato Islamico in Siria.
La Turchia, dal canto suo, ha sempre contrastato questo rafforzamento temendo la nascita di un’entità curda al proprio confine meridionale considerata terroristica per i propri legami con il Pkk.
La causa curda ha suscitato nel corso degli anni sempre maggiori simpatie presso l’opinione pubblica occidentale, in primo luogo perché sono stati soprattutto i guerriglieri curdi-siriani a determinare la sconfitta dell’Isis. In secondo luogo per alcune caratteristiche ideologiche dei curdi-siriani dell’Ypg e la matrice ideologica post-marxista di questo movimento per la quale alle donne vengono riconosciuti gli stessi diritti che agli uomini. Sono state costituite anche milizie curdo-siriane composte da sole donne come l’Ypj (Unità di protezione delle donne), che combattono a capo scoperto contro gli estremisti islamici dell’Isis e che hanno ulteriormente alimentato le simpatie occidentali per la causa curda.
In secondo luogo la Rojava è stato anche un esperimento politico-sociale estremamente interessante. L’adozione di una Costituzione di stampo democratico, pluralista e liberale, che enfatizza l’ambientalismo e il ruolo delle comunità locali nella gestione del potere è un unicum tra le popolazioni dell’area mediorientale. Per tutti questi motivi diverse centinaia, se non migliaia, di giovani provenienti da vari paesi europei ma non solo si sono quindi uniti alla causa curda e alcuni di loro, tra cui anche l’italiano Lorenzo Orsetti, hanno perso la vita nei combattimenti.
E siamo all’attualità. I bombardamenti turchi hanno riacceso un conflitto del quale non si vedono le prospettive. I rischi di una estensione dei combattimenti con conseguente allargamento della platea dei contendenti non è esclusa. Ancora una volta la politica miope dell’attuale presidenza americana e la criminale politica anti curda del dittatore turco stanno mettendo in pericolo la fragile tregua ottenuta con la sconfitta dell’ISIS con il rischio che proprio questo possa esse l’esito finale, il ricompattamento delle milizie di Ibrāhīm ʿAwed Ibrāhīm ʿAlī al-Badrī al-Sāmarrāʾī o semplicemente Ibrāhīm al-Badrī il terrorista iracheno autoproclamatosi Califfo dello Stato Islamici della Siria e dell’Iraq (ISIS per l’appunto).