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Quando un deserto scopre il mare

In un momento come questo che vede al centro dell’attenzione di tutti il goffo tentativo di fermare l’arrivo di pochi disperati che affidano le proprie vite alla possibilità di raggiungere le coste dell’Europa (Italia o Malta poco importa), fa un certo effetto la notizia che una bottiglia contenente un messaggio doloroso abbia percorso 2500 miglia in due anni e sia stata ritrovata nel Salento.

Spinta dalle correnti marine la bottiglia con dentro custodite foto, un braccialetto di gomma di colore viola con incisi il nome della ragazza, dei cuori e la sua data di nascita, 5 febbraio 2003, è “approdata” sulle sponde del tacco d’Italia lunedì scorso, portando dentro di sé i pensieri di una madre disperata per la perdita della sua bambina di 14 anni, uccisa assieme ad altri ventuno innocenti nell’attentato del 22 maggio 2017, all’esterno della Manchester Arena, al termine del concerto della pop star americana Ariana Grande.

Sorrell Leczkowski fu investita dall’onda d’urto dell’esplosione causata dal terrorista Salman Abedi, 22enne inglese di origini libiche convertito all’Islam radicale, autore dell’attacco suicida. La ragazzina morì poco dopo in ospedale, mentre la mamma e la nonna riuscirono a sopravvivere. La sorella della giovane, invece, rimase illesa. L’attentato kamikaze, fu rivendicato il giorno successivo dall’Isis.

Non c’è dolore più forte della perdita di un figlio e il messaggio contenuto nella bottiglia è senza dubbio straziante; “Nell’attimo in cui sei morta il mio cuore si è spezzato a metà. Un lato è pieno di dolore, l’altro è morto con te. Mi sveglio spesso di notte quando il mondo è addormentato e cammino lungo il viale dei ricordi con le lacrime sulle guance. Ricordarsi di te è facile. Lo faccio ogni giorno, ma la tua mancanza è un dolore al cuore, che non se ne va mai via. Ti tengo stretta nel mio cuore e lì rimarrai, fino a quando arriverà il giorno gioioso che ci incontreremo di nuovo. Mamma”.

Un dolore intollerabile per questa donna che decide di fare un gesto d’altri tempi. Nell’epoca della comunicazione globale, dei social network, affida la sua disperazione al mare. Simbolicamente, ancora una volta, il mare raccoglie il dolore di un essere umano e lo consegna ad altre persone, a estranei che, in questo caso, non lo respingono ma lo accolgono con altrettanta umanità.

Per raggiungere Torre Vado che si trova nel versante Ionico dell’estremo sud della Puglia la bottiglia ha attraversato la Manica, il Golfo di Biscaglie, lambito la costa portoghese quindi ha attraversato lo stretto di Gibilterra. A questo punto si possono fare alcune ipotesi. La più probabile è che abbia “navigato” lungo la costa algerina, superato Biserta in Tunisia e sia risalita verso nord passando tra Malta e la Sicilia. Guarda caso proprio la rotta (almeno in questa ultimo tratto) che percorrono i migranti con le loro incerte imbarcazioni.

Un lungo tortuoso percorso che ci fa capire come il vero elemento che ci rende interconnessi sia proprio il mare. Non c’è barriera ne stretto ne burrasca che possa fermare un oggetto che galleggi, nulla se non la volontà dell’uomo. Quella volontà che sta spingendo il nostro governo e non solo esso a tentare di respingere l’arrivo di questi disperati.

Tentativo che, alla lunga, risulterà vano perché la disperazione fa fare agli esseri umani cose inimmaginabili, perché il diritto internazionale prevede la possibilità di movimento per tutti gli esseri umani e poi perché di immigrati avremo bisogno per le necessità della nostra economia e per l’assistenza ad una popolazione sempre più invecchiata.

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