Editoriale

Abbiamo toccato il fondo

Tra il 18 ottobre 2013 ed il 31 ottobre 2014, forze della Marina Militare e dell’Aeronautica Militare italiane mettevano in campo l’operazione definita Mare nostrum. Si è trattato di una vasta missione di salvataggio in mare dei migranti che cercavano di attraversare il Canale di Sicilia dalle coste libiche al territorio italiano e maltese.

Quella operazione umanitaria era perfettamente in linea con il rispetto della vita umana che tutti coloro che vanno per mare dovrebbero avere anche senza l’obbligo, che pure esiste, stabilito dal Codice di navigazione.

Il 3 ottobre 2013 a poche miglia del porto di Lampedusa ci fu il naufragio di un’imbarcazione libica usata per il trasporto di migranti. Questo episodio noto come “tragedia di Lampedusa” provocò 368 morti accertati e circa 20 dispersi presunti, i superstiti salvati furono stati 155, di cui 41 minori.

Fu questo l’episodio che spinse il governo italiano, guidato dal presidente del consiglio Enrico Letta, a rafforzare il dispositivo nazionale per il pattugliamento del Canale di Sicilia autorizzando l’operazione Mare nostrum. Quanta acqua è passata sotto le chiglie.

Quanto senso di umanità e di solidarietà s è disperso in questi anni se ora siamo qui a discutere sugli effetti del cosiddetto Decreto sicurezza bis. Un decreto molto criticato da varie componenti del corpo istituzionale italiano e dalle più importanti istituzioni mondiali, basti pensare solo all’allarme sulla politica del governo italiano lanciato dalla commissione diritti umani dell’Onu Il diritto alla vita e il principio di non respingimento dovrebbero sempre prevalere sulla legislazione nazionale o su altre misure presumibilmente adottate in nome della sicurezza nazionale si legge nella nota inviata al nostro governo Esortiamo le autorità a smettere di mettere in pericolo la vita dei migranti, compresi i richiedenti asilo e le vittime della tratta di persone, invocando la lotta contro i trafficanti.

Tanto forti sono state le critiche e tanto decisa è stata la reazione del Colle che il decreto è stato profondamente modificato. La prima bozza prevedeva la modifica del Codice di navigazione con la cessione di competenza sul tema dei salvataggi in mare direttamente al ministero degli Interni.

Un altro importante risultato dell’intervento del presidente Mattarella è stato quello di considerare incostituzionale la parte del decreto che prevedeva una multa da 3500 a 5000 euro per coloro i quali si macchiassero dell’infame reato di salvataggio in mare di naufraghi.

Soltanto pensare che un provvedimento di tal fatta avrebbe potuto trovare spazio nell’ordinamento di una Stato democratico è una pazzia. E quindi nella nuova bozza gli articoli 1 e 2 sono stati invertiti, il Codice della navigazione non viene modificato (sarebbe stata un’onta sulla dignità di ogni marinaio di questo Paese) ma si interviene solo sul “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla conduzione dello straniero” (Decreto legislativo 25 luglio 1998, numero 286). Non è una differenza da poco.

Da una parte si limita l’autonomia del ministero degli Interni alla sola possibilità di limitare, per particolari condizioni, la navigazione nel mare territoriale ad alcune navi mantenendo la competenza complessiva sull’argomento anche a Difesa e Trasporti i quali devono agire in accordo con il presidente del consiglio ribadendo la necessità che la materia sia gestita in maniera collegiale e non da un singolo ministro.

Dall’altra si è modificata la modalità sansonatoria. Non più una multa direttamente comminata alla singola persona che ottemperasse al sacrosanto dovere di salvataggio in mare di esseri umani ma sanzione all’imbarcazione che non dovesse rispondere all’ordine di uscita dal mare territoriale.

Questa la storia della parte giuridica del decreto. La Storia (quella con la S maiuscola) si occuperà di giudicare un governo che invece di spendere tempo ed energie nella gestione di un fenomeno che ha dimensioni non arginabili da decreti repressivi, si dedica alla caccia alle streghe.

Va inoltre messa in evidenza la natura stessa del provvedimento legislativo che viene attuato con caratteristica di urgenza facendo intendere all’opinione pubblica che trattasi di una emergenza. La bozza in questione infatti è un decreto, ovvero un tipo di provvedimento che viene normalmente approvato dal governo, anziché dal parlamento cui spetta solo convertirlo in legge entro 60 giorni (l’esautorazione dei compiti e delle funzioni del parlamento è una delle caratteristiche di questo governo).

La Costituzione sancisce all’articolo 77 che questi atti possono però essere adottati solo in casi straordinari di necessità e urgenza. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha ripetuto più volte che la situazione attuale rientra in questa categoria ma i giuristi non sono d’accordo.

Normalmente i decreti vengono adottati dopo un terremoto o una catastrofe naturale o contesti eccezionali, come l’anno scorso è stato il crollo del ponte Morandi a Genova. Ma qui l’unico terremoto è quello che sta squassando le istituzioni democratiche. L’unico ponte che sta per crollare è quello che unisce l’Italia al resto dei paesi democratici. Con la speranza che qualche pilone resti in piedi per poter ricostruire un minimo di convivenza civile.

https://www.youtube.com/watch?v=znnv0_7extg

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