Editoriale

Verità bollente

Sull’arresto di Julian Assange si sono letti, in questi giorni, commenti dei più disparati. Per rimanere solo sulle posizioni dei partiti politici si va dall’indignazione del M5S all’indifferenza del PD che lo considera nulla di più di una spia di Putin.

Wikileaks si fonda sulla assoluta convinzione che l’efficienza dell’informazione si basa sulla totale trasparenza. rendere pubblica qualsiasi notizia, senza filtro e senza mediazione con la fonte è stato da sempre il faro dell’attività personale di Julian Assange. Quale è allora la sua colpa? Perché contro di lui si è scatenata una battaglia legale internazionale quale mai si era vista prima nei confronti di un giornalista?

L’azione di Wikileaks, sicuramente ineccepibile dal punto di vista giornalistico, si basa sull’idea che il potere mediatico/politico poggi le sue basi sull’occultamento dei fatti e sia costruito intorno alla segretezza e alla riservatezza di fatti e persone. Se questo è vero la verità diventa un fattore sovversivo, liberatore.

Julian Assange è perseguitato perché ha preteso di rivelare la verità (si è partiti dalle rivelazioni sulla missione statunitense in Afghanistan per poi occuparsi di mille altre cose). Rendere trasparente l’azione del potere politico e militare dovrebbe essere il fondamento della democrazia liberale e compito principale della libera informazione. Eppure anche all’interno del mondo dell’informazione ci sono stati sospetti sia su Wikileaks come organizzazione che sulla persona di Julian Assange.

Nella sua carriera di giornalista e attivista Julian Assange ha svolto con straordinaria coerenza ed efficacia quella che lui ha visto come una missione, la ricerca della verità. Con le sue denunce sui crimini dei militari, sulla corruzione economica, sulle menzogne del potente di turno ha squarciato il velo di ipocrisia che ammanta la vita pubblica.

L’unica arma che rimane ai potenti, di fronte alla rivelazione di verità nascoste, è quella di creare un clima di sospetto introno a colui o coloro i quali sono artefici di questa operazione di trasparenza. Ed è quello che è successo nei lunghi anni di esilio nell’ambasciata dell’Equador a Londra. Non potendo confutare i fatti da lui rivelati lo hanno attaccato sul piano giudiziario incriminandolo, tra l’altro, per una presunta e mai provata violenza sessuale.

Tutta questa vicenda, però, rivela un rischio che non riguarda solo Wikileaks ma l’intero sistema dell’informazione. Ed è quello di perdere la capacità di giudizio e di analisi per eccesso di notizie. Con l’era digitale siamo passati dalla difficoltà di reperire informazioni anche a causa della censura operata da parte del potere politico di turno alla proliferazione illimitata delle fonti di informazioni.

Si può non vedere perché immersi nel buio o perché, al contrario, si è abbagliati da troppa luce. Se è difficile trovare la verità nelle scarne notizie che giungono alla conoscenza del pubblico può esserlo altrettanto, se non di più, farsi un’idea sui fatti in presenza di una miriade di narrazioni contrastanti sullo stesso argomento. Il web in questo è, al tempo stesso, un grande momento di condivisione e, per contro, un eccellente veicolo di disinformazione e menzogna.

La totale fiducia nella trasparenza è stato, pertanto, un punto di debolezza di Wikileaks. Non so quanto consapevolmente Julian Assange è stato travolto dalla stessa mole di informazioni che la sua organizzazione ha prodotto in questi anni. In questo diluvio di notizie la facoltà di discernimento critico e di formazione di un’opinione consapevole basata su fatti concreti è paralizzata, e quello che prevale è il bombardamento mediatico effettuato con quelle che ormai tutti chiamano “fake news”.

L’uso strumentale delle informazioni da lui immesse nel circuito mediatico (vedi la diatriba Trump/Clinton nell’ultima campagna elettorale USA) con tanto di smentite, fa si che si perda l’effetto deterrente della notizia e se ne perda l’effetto “purificatore” sul sistema politico. Una cosa è certa, il futuro di Wilileaks è sempre più incerto così come incerto è il futuro dell’informazione nel suo complesso in tempi così complicati come quelli che stiamo vivendo. Dal destino di Junlian Assange (il caso Manning non fa ben sperare) capiremo molto su cosa attenderci in futuro.

 

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