Attualità

Imbarbarimento? E’ una sicurezza

Abbiamo aspettato le tanto promesse modifiche al testo (l’imbarazzante ministro Bonafede se ne fece garante all’indomani del Consiglio dei ministri che ne approvò il decreto) ma il 28 novembre scorso, mettendo la fiducia (come era quella storia della fiducia come strumento antidemocratico senatrice Taverna?) il Parlamento ha convertito il testo in legge. Da subito si sono alzate le voci di dissenso del mondo della solidarietà.

“Esprimiamo profonda preoccupazione per le misure presentate oggi nel Decreto sicurezza e immigrazione, e per il drammatico impatto che rischiano di avere sulla vita e la salute di migliaia di persone oggi presenti sul territorio italiano. In particolare, Msf critica fortemente il modo in cui il decreto sembra orientato a smantellare ulteriormente il sistema di accoglienza italiano, già fragile e precario, a prolungare la detenzione amministrativa di persone che non hanno commesso alcun crimine, e a ridurre le protezioni attualmente disponibili per persone vulnerabili.”

E’ il testo del comunicato stampa di Medici Senza Frontiere. La dice tutta sulla preoccupazione che vige tra le organizzazioni che vivono sul territorio la lotta al disagio e la marginalità. Sull’uso distorto della legge vale la decisione di accorpare due provvedimenti che dovevano essere separati, uno sull’immigrazione e uno sulla sicurezza. Già questa decisione ci porta al nocciolo della questione: l’equazione immigrazione=questione di sicurezza. Negli stessi giorni un documento ufficiale del ministero degli Interni certificava che in Italia tutti i reati sono in calo tranne gli omicidi domestici (leggi femminicidi). La qual cosa toglie ogni dubbio sulla strumentalità di questa legge.

Probabilmente questo provvedimento sarà un fallimento in quanto potrebbe produrre l’effetto opposto, ovvero aumentare la clandestinità di persone che non avranno più un’accoglienza adeguata e, di conseguenza, si acuiranno le tensioni sociali. Secondo l’Ispi l’effetto concreto dell’abolizione della protezione umanitaria rischia di essere solo quello dell’aumento di irregolarità e cioè l’esatto opposto di quello che ha sempre promesso Salvini, esattamente come è successo con l’emanazione della Bossi-Fini. Medici Senza Frontiere, per esempio, è preoccupata che possano “essere escluse e lasciate in condizioni di marginalità persone che soffrono di problemi di salute con sintomi non facilmente riconoscibili. Molti di questi pazienti li vediamo ogni giorno nel centro Msf per vittime di tortura e in altri luoghi in Italia.”

Un altro esempio di scempio giuridico è l’allungamento della detenzione (di questo si tratta) nei Cie (rinominati da Minniti Cpr) da un massimo di 90 giorni a 180. Si tratta di una sorta di sistema giudiziario ad personam (su base razziale?).

Se c’è qualcosa che ha funzionato nello sgangherato sistema di accoglienza sono gli Sprar che vanno nella direzione opposta dei grandi centri. Alcuni di questi Sprar hanno generato esperienze molto positive (vedi Riace). Il provvedimento limita lo Sprar solo a chi è già titolare di protezione internazionale o ai minori stranieri non accompagnati. I richiedenti asilo, invece, finiranno con ogni probabilità nei Cas(Centri di accoglienza straordinaria) che sono grandi strutture a gestione privata. Secondo l’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) “cancellare l’unico sistema pubblico di accoglienza che funziona appare come uno dei più folli obiettivi politici degli ultimi anni, destinato in caso di attuazione a produrre enormi conseguenze negative in tutta Italia, tanto nelle grandi città che nei piccoli centri, al Nord come al Sud.”

In presenza di un sempre maggiore numero di cittadini di origine straniera, in Italia si parla da anni della necessità di una riforma della cittadinanza che consenta ai figli di immigrati di diventare cittadini italiani. Il Governo del Cambiamento (sic) ha definitivamente allontanato la possibilità di approvare il cosiddetto “ius soli” sostituendolo con una norma che rende più complicato ottenere la cittadinanza e più semplice la sua revoca. Si allungano i tempi per avere la cittadinanza (passati da due a quattro anni) e aumenta il contributo per la domanda (da 200 a 250 euro). La possibilità di revoca della cittadinanza crea di fatto due categorie di cittadini: gli ‘italiani autoctoni’ e quelli ‘di importazione’, ovvero tutti quelli che hanno acquistato la cittadinanza italiana ma sono di origine straniera.

Insomma, se si voleva rimestare nel torbido dell’intolleranza e del senso di insicurezza degli italiani ci sono riusciti. D’altra parte il motto di questo governo sembra sempre più quello della “Collezione de’ regolamenti della Real Marina” del Regno delle Due Sicilie: “FACITE AMMUINA”.

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