Cultura

Qual è il secondo cervello? L’intestino

L’intestino è una parte dell’organismo spesso sottovalutata, svolge infatti funzioni importanti che contribuiscono al nostro benessere fisico, ma anche a quello psicologico. Non a caso, esso è indicato anche con il termine ‘secondo cervello’, definizione coniata dallo scienziato della Columbia University Michal D. Gershon.

“L’intestino contiene milioni di cellule e fibre neuronali che costituiscono un vero e proprio sistema nervoso autonomo. Indipendentemente dal sistema nervoso centrale, per esempio, promuove la contrazione intestinale e secerne enzimi digestivi”, spiega Laura Donato, biologa e ricercatrice dell’Istituto per la tecnologia delle membrane (Itm) del Cnr e autrice con Maurizio Insana del volume ‘Alimentazione Dna Microbioma’. “È in grado d’integrare ed elaborare stimoli esterni e interni ricevuti dal corpo, interagendo con il sistema nervoso centrale attraverso uno scambio di informazioni mediato dal sistema psiconeuroimmunoendocrino (rilascio di ormoni, nervo vago, sistema immunitario). Ciò significa che i due cervelli s’influenzano reciprocamente, determinando il nostro stato di benessere psico-fisico. Per esempio, stati di stress mentali e pensieri negativi attivano i circuiti dell’ansia e della paura provocando aumento della motilità intestinale, rilascio di citochine, aumento della sensibilità e infiammazione della mucosa intestinale. Ciò può determinare, per esempio, l’insorgenza della sindrome del colon irritabile o della malattia infiammatoria intestinale. D’altro canto, stati di flogosi intestinale determinano un aumento della secrezione di serotonina (un ormone del buonumore) e, di conseguenza, dell’enzima deputato alla sua demolizione. In tali condizioni, può verificarsi una carenza di serotonina a livello del sistema nervoso centrale, con insorgenza di depressione”.

L’intestino svolge un ruolo essenziale nella digestione e nell’assorbimento dei principi nutritivi contenuti negli alimenti, grazie alla sua interazione con i microrganismi viventi che compongono il microbiota umano. “Il microbiota è peculiare per ciascun individuo e si rinnova nel corso della vita in funzione di diversi fattori, quali patrimonio genetico, esposizione a fattori ambientali e stile di vita. È costituito da batteri, virus e funghi, popola la nostra pelle, l’apparato respiratorio e l’apparato urogenitale, ma è presente soprattutto lungo il tubo digerente, in particolare nell’intestino”, prosegue la ricercatrice. “Questi microrganismi esercitano sul nostro corpo numerose azioni benefiche: rappresentano una barriera protettiva che impedisce l’ingresso di tossine nell’intestino; producono acidi grassi a catena corta che fanno da combustibile per le cellule intestinali; promuovono l’assorbimento di minerali e stimolano il metabolismo dei grassi, aiutandoci a esercitare un controllo sui livelli di colesterolo nel sangue e a scongiurare l’insorgenza di patologie cardiache. Stimolano l’attività di enzimi epatici e muscolari; intervengono nella sintesi della vitamina K, importante per la regolazione della coagulazione del sangue, e delle vitamine del gruppo B; determinano un aumento della biodisponibilità di alcuni principi nutritivi; regolano l’attività del sistema immunitario; sostengono l’attività antiinfiammatoria; agiscono nella prevenzione di alcuni tipi di tumori e nella metabolizzazione di alcuni composti tossici, tra cui i metalli pesanti”.

Dunque siamo noi, con lo stile di vita e l’alimentazione, i responsabili del mantenimento dell’equilibrio della nostra flora intestinale che ovviamente risente anche di altri fattori di rischio, quali metalli pesanti, pesticidi, uso eccessivo di antibiotici. “Solo in condizioni di equilibrio qualitativo e quantitativo (eubiosi) i microrganismi del microbiota stabiliscono un’interazione positiva con il nostro corpo. In caso di alterazione di questo equilibrio (disbiosi), si avrà, inevitabilmente, la produzione di sostanze dannose per il nostro corpo”, aggiunge Donato. “Quest’ultimo si ritroverà, infatti in uno stato d’infiammazione cronica, accompagnata da depressione, prurito, alterazione della peristalsi, gonfiore addominale e tutta una serie di patologie connesse a un aumento della permeabilità delle pareti intestinali, per il passaggio di residui tossici non digeriti nel circolo sistemico”.

Come individuare questi squilibri? “La diagnosi può essere effettuata con un semplice test di laboratorio, il ‘Disbiosi test’ nelle urine o con la determinazione dei batteri nelle feci”, conclude la ricercatrice. “Per curare eventuali squilibri si può ricorrere all’assunzione di probiotici e prebiotici e a opportuni piani nutrizionali (sviluppati da professionisti del settore). Un valido aiuto nella prevenzione di uno stato di disbiosi è sicuramente dato da attenzione all’alimentazione, adeguata idratazione e regolare attività fisica. Importante è anche avere uno stato d’animo positivo e affrontare i problemi con la giusta passione emotiva”.

Rita Bugliosi

Fonte: Laura Donato, Istituto per la tecnologia delle membrane, Arcavacata di Rende , tel. 0984/492033 , email l.donato@itm.cnr.it –

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