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Passeggiando per L’Avana

HAB07 - LA HABANA (CUBA), 26/12/06.- Foto de archivo (05/12/03) del líder cubano Fidel Castro. El cirujano español José Luis García Sabrido, que viajó el jueves pasado a Cuba para evaluar la salud de Castro, afirmó hoy, martes 26 de diciembre, que este no padece cáncer ni una "enfermedad maligna" y que se está recuperando. García Sabrido dijo que la actividad intelectual de Castro es excelente y que está recuperándose de los problemas postoperatorios que tuvo en la anterior intervención, que calificó como "grave". EFE/ARCHIVO/Alejandro Ernesto

Lascio, di buon ora, la casa particular dove sono ospitato alla chetichella per non svegliare gli altri ospiti. Mi dirigo verso Avenida del los Presidentes che percorro fino al Parque Josè Martì. Tra me e il mare solo il brutto monumento a Calixo Garcia. Sulla mia destra ho la vista del Malecon, il mitico lungomare di L’Avana. Comincio a percorrerlo mentre davanti a me inizia a sorgere il sole da dietro la Fortaleza de San Carlo de la Cabana.

Lungo il muro che limita l’accesso al mare molte persone pescano ignorando i cartelli “prohibida la pesca”. Nel pomeriggio tonando verso casa mi imbatto in una pattuglia della polizia che richiama alcuni di loro sequestrando il pescato. Mi fermo a parlare con alcuni ragazzi e ragazze che sono li dalla sera precedente. Hanno suonato la chitarra, cantato, bevuto tutta la notte. Poche frasi, risate, qualche sguardo indagatore. Sono ancora sotto l’effetto dell’alcol inutile insistere.

Passo davanti all’Ambasciata degli Stati Uniti, di lato una piazzetta con tanti pali per le bandiere, uno per ogni anno trascorso dalla rivoluzione. Torno verso casa passando per dei vicoli nei quali mi perdo. Chiedo informazioni ad un netturbino, lui cordiale mi risponde. Poi è il suo turno fare domande, di dove sei, cosa fai. Poi, imbarazzato, mi chiede se ho indumenti da dargli. Gli dico di no che forse ne ho in casa e gli offro soldi. Rifiuta, una maglietta per suo figlio si ma soldi no.

Entro nel Barrio Pogolotti  con un taxi collettivo pieno di operai. Ubicato ad ovest della città dell’Avana, nel Comune di Marianao, agli inizi del Novecento fu un polo industriale in grande sviluppo. Fu edificato tra il 1911 e il 1912, grazie a un investimento del governo Valdès Carrero, che finanziò la costruzione di 950 case per i lavoratori del nascente settore industriale.

Dino Pogolotti, un imprenditore nato nel comune di Giaveno (To), vinse l’appalto. Realizzò anche opere di urbanizzazione, le strade, l’acquedotto, un cinema, un negozio di alimentari ancora esistente. Mi dirigo verso un piccolo edificio a metà di una strada polverosa. E’ il centro anziani del Barrio. Qui incontro Consuelo, una arzilla ottantenne che sarà la mia guida. Storie di operai, di lotte e di solidarietà. Dignità e schiena dritta. Mi parla del bloqueo, il crimine peggiore dei tanti crimini contro il suo popolo. Gli dico che Obama….mi guarda sorride sorniona, capisco, non replico. Vedo bambini e ragazzi nella loro divisa di scolari tornare a casa, qualche vecchio obrero (operaio) caracollare da una veranda all’altra salutando quando l’uno quando l’altro.

https://www.youtube.com/watch?v=S7tnpckiyKo&feature=youtu.be

Sono a Santa Clara, la città simbolo del Che. “Tu mano gloriosa y fuerte sobre la Historia dispara cuando todo Santa Clara se despierta para verte.” Sono a Santa Clara il 1° gennaio, non un giorno qualsiasi. Al Parque Leoncio Vidal intorno alla Glorieta c’è molta gente, tanti bambini, ragazzi. Sento canti popolari nel lato dove ci soni i portici. Mi avvicino. Qualche centinaio di ragazzi e ragazze con la divisa della gioventù socialista canta canzoni patriottiche. Tra l’una e l’altra si inneggia al comandante Guevara, a Fidel.

Ho paura ad avvicinarmi, ho la fotocamera, sono uno straniero, chissà! I primi che raggiungono mi sorridono, sono incoraggiato ad avvicinarmi ancora, entro letteralmente nel gruppo in divisa. Poi mi dirigo sotto i portici, raggiungo il piccolo palco da dietro e da li comincio a riprendere la folla. E’ una festa , si canta, si agitano le mani. Alla fine dal balcone soprastante scendono coriandoli, tutti gridano. Intorno qualcuno osserva, altri ignorano la scena.

Esplicame por favor, ¿ ustedes votan por lo partidos politicos?  ¿Y cuántas partes hay? E’ stupefatto il mio interlocutore, non capisce. Come fai a votare chi non conosci? Gli spiego come funziona, mi dice che es una locura (follia). Mi spiega il sistema del Poder Popular. E’ una forma piramidale di elezioni fino ad arrivare ai vertici dello Stato. Mi sembra una buona cosa ma non mi convince completamente. Anche loro ad un certo momento perdono il rapporto con i delegati che vanno in Parlamento. E poi c’è lui, come si va contro uno come Fidel? Sorride e comincia una articolata spiegazione sulla figura di Castro che sembra uscire da un libro di storia.

Viñales è un mondo a se. Mi arrampico lungo le ripide colline fino a raggiungere un’altura dalla quale domino la valle. Il verde della fitta vegetazione è interrotto dal rosso della pietra, un fiume solca la valle. Più in basso incontro un contadino intento ad aratro. Un bue traina l’aratro, la terra si apre al passaggio. E’ tutto ancestrale, mi racconta di una vita bucolica, il ricordo dei nostri vecchi, la fatica, la povertà. Vorrebbero poter avere attrezzature più moderne, mi dice, ma il bloqueo… Mi dirigo verso il mare. Mi accoglie una spiaggia di sabbia bianchissima. Vegetazione che scende fin dentro l’acqua, il mare dei colori del Caribe. Pochi turisti molti cubani, oggi è un giono di festa. Un gruppetto di ragazzi e ragazze ascoltano musica ad alto volume, un bar-b-que cuoce pollo. Bambini in acqua che giocano. Si avvicina un ragazzo e mi invita a mangiare con loro. Accetto. C’è allegria, nessuna diffidenza, nessuna domanda.

Su un lato del Paseo de Martì, a Havana Vieja, incontro Juan Antonio, uno studente di ingegneria. Camminiamo fino a raggiungere un piccolo patio con qualche tavolino. Prendiamo il solito caipirinha. Parliamo liberamente ma in lui c’è una timidezza che non sembra derivare dal carattere. Accenna a qualche difficoltà all’interno della facoltà, mi parla di privilegi e di ingiustizie anche nella società. Da quando Castro ha aperto al turismo si è formata una piccola borghesia intorno alla gestione delle casas particulares prima e di altre piccole attività economiche poi.

Qualcuno approfitta del contatto con gli stranieri per organizzare piccoli traffici. Capisco che allude ad ingiustizie che si percepiscono poco viaggiando come turisti. Mi viene in mente la mia interprete a Bucarest nel 1981. La sua paura di parlare con me di cose che non riguardassero strettamente il nostro lavoro. Ero nella delegazione italiana alle Universiadi. Giravo per la città con la sgradevole sensazione di essere seguito. Improbabili operai con le mani da travet si aggiravano per le strade del centro. Nulla di tutto ciò a Cuba, ciò nonostante capisco che Juan Antonio ha voglia di andare. Faccio ancora qualche domanda poi non insisto più.

La Casa de las Musicas è aperta a tutti ed è gratuita. Entro e mi siedo più per sfuggire alla calura pomeridiana che interessato a ciò che accade interno a me. Pia piano la sala si riempie fino a che non arriva un signore che presenta con estrema semplicità una artista, una cantante, che si rivelerà un portento di capacità canore ed espressive come non mi sarei mai immaginato. La accompagnano un pianista ed un percussionista. Il canto e la vista di lei ammaliano, avvolgono i sensi, li riempiono di sentori, profumi ricordi avocazioni. E allora capisci perché Cuba e i cubani hanno resistito. Perché contro questa umanità nessuna barbarie potrà mai vincere.

https://www.youtube.com/watch?v=lGOXqxD_wgc&feature=youtu.be

Prima di partire sono andato in banca a prelevare dei dollari. Il cassiere, che mi conosce, mi chiede dove sono diretto. Quando glie lo dico fa una strana espressione. Per scherzare gli chiedo se ha bisogno di qualcosa da Cuba. Mi guarda serio e mi dice che lui va a l’Avana due volte all’anno a comprare medicine antitumorali per la madre. Mi spiega che arrivano da tutte le parte del mondo per acquistare farmaci che non possono essere commercializzati fuori da Cuba, il bloqueo…

Se si potesse riscrivere la storia mi piacerebbe vedere Che Guevara venire ricevuto dall’ establishment americano come chiedeva durante il suo viaggio a New York. Mi piacerebbe vedere la rivoluzione cubana prendere liberamente la strada che ritenesse più opportuna. Mi piacerebbe vedere Cuba libera di poter commerciare con chi volesse. Mi piacerebbe vedere il Peso cubano quotato in tutte le borse del mondo. Mi piacerebbe vedere che cosa sarebbe stata Cuba senza il bloqueo. Perchè Cuba è una Nazione in guerra dove alla fine dei combattimenti la battaglia si è spostata sull’economia. Non sono solo i bombardamenti  a portare morte, distruzione e miseria. Ci sono anche le ristrettezze a cui è costretto un popolo la cui economia si regge solo sugli interessati aiuti di qualche Paese “fratello”.

Roberto Pergameno

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