Sport

Il mental coach del Profeta Hernanes

Si è da poco concluso il calciomercato. L’Inter è stata la regina dell’estate italiana del pallone: dopo la brutta serie di sconfitte nelle amichevoli precampionato, ha ottenuto due successi stentati che valgono comunque il primo posto nella Serie A 2015/2016. Ora c’è la pausa per gli impegni delle Nazionali e alla ripresa la compagine di Mancini potrà contare sull’apporto degli ultimi arrivati, Ivan Perišić e Adem Ljajić. Ma dovrà fare a meno del brasiliano Hernanes, il trequartista che cercava la Juventus e che oggi sosterrà il primo allenamento con i suoi nuovi compagni a Vinovo. I campioni d’Italia, dopo quattro anni straordinari che hanno portato altrettanti scudetti sia sotto la gestione-Conte che con quella di Allegri, hanno perso le due prime partite di campionato, confermando le perplessità di molti per la partenza di Pirlo, Tévez e Vidal.

Nella conferenza stampa ufficiale di presentazione appena conclusasi allo Juventus Stadium di Torino, il “Profeta” ha dichiarato: «Alla Juve non sento maggiori responsabilità. L’ho sempre avuta al di là di quando giocavo. Ho quattro figli e la responsabilità non mi cambia. Sono già al massimo, spero di fare bene. Il passaggio dall’Inter alla Juve? Il calcio ha le sue dinamiche, può capitare che succeda quello che è successo con me. Non ci pensavo, ma è capitato. Sono stato bene all’Inter, è stata una buona esperienza. Sono passato alla Juventus per affrontare una nuova sfida. Sono sorpreso, ma soprattutto molto felice. Ci sono tante belle cose da realizzare qui. Mi sento più forte che mai, sono al top a livello psico-fisico. L’età mi ha dato più forza ed esperienza».

Ieri Hernanes, che ha affrontato da avversario la Juventus in dodici occasioni senza mai segnare e vincendo solo una volta con la maglia della Lazio, ha sostenuto le visite mediche di rito. Nel servizio apparso oggi sulla Gazzetta dello Sport, si riportano le parole pronunciate dal trentenne brasiliano, che gioca in Italia dal 2010, il giorno della presentazione nerazzurra: «Ho scelto l’Inter perché è l’unico club che non è mai retrocesso in B ed è sempre rimasto lontano dagli scandali». Gli juventini non hanno dimenticato, ma si sa nel calcio tutto passa in fretta: basta una finta ubriacante, un tiro vincente dalla distanza e la capriola finale come esultanza. Ma si parla anche di altro: dalle lacrime di fronte alle suppliche dei tifosi biancocelesti (A profe’, nun ce lascia’) al cambio di ruolo con Edy Reja (nel São Paulo faceva la mezz’ala o il regista).

Un capitolo a parte è dedicato al mental coach. La parola d’ordine di Hernanes è applicazione. Perfezionista e instancabile, alla Lazio a fine allenamento restava in campo a correre ed esercitarsi mentre i compagni si facevano la doccia. Il calcio per lui è una scienza esatta: bisogna studiare e sudare per arrivare al top. L’ha scoperto grazie a Jota Alves: è il maestro di Hernanes, l’uomo che lo segue e lavora con lui da tanti anni. Guarda tutte le sue partite e poi gli segnala ogni errore. Anderson Hernanes de Carvalho Viana Lima, nato a Recife il 29 maggio 1985, è chiamato il “Profeta” per via del soprannome affibbiatogli dal presentatore di una tv brasiliana perché leggeva i versetti della Bibbia. Così scrive Fabiana Della Valle per la Gazzetta dello Sport. Parlerà con il suo allenatore della mente e scenderà in campo con la maglia numero undici.

Quella del mental coach è una professione affascinante e di sicuro avvenire. Forse è un’arte più che un mestiere, sicuramente una capacità: ha molto a che fare con la propria identità personale. Le società professionistiche già da qualche anno studiano il calciatore come il soggetto di una scienza esatta: vivisezionano ogni cosa, per misurare da ogni punto di vista la sua prestazione. La presenza dello psicologo, della psicologa sono ormai una moda più che consolidata nel calcio. La gestione compete all’allenatore, sempre più responsabile di un gruppo specializzato di persone. I calciatori professionisti si rapportano all’allenatore (agli allenatori: collaboratori tecnici e tattici, team manager, staff sanitario ecc.) ma anche al procuratore, al mental coach e alla propria famiglia. Anche se nel calcio spesso questo si dimentica, sono prima di tutto esseri umani.

Condividi