Cultura

Dagli zoo umani delle Expo al razzismo della vacanza etnica

Uomini nelle gabbie, edito da il Saggiatore, racconta il fenomeno dell’esibizione di esseri umani che, a partire dalle prime Grandi esposizioni universali di fine Ottocento, giunge fino ai giorni nostri denunciando una mentalità che continua a vedere gli Altri come animali da ammaestrare, barbari da civilizzare, sudditi da conquistare.

Attraverso la raccolta di dati e documenti storici, Viviano Domenici esamina il passato e s’interroga sul presente ripercorrendo le tragiche storie di uomini esposti in gabbia come animali – come la giovane sudafricana Sarah Baartman esibita nei circhi d’Inghilterra – fino alle agghiaccianti testimonianze contemporanee delle donne-giraffa in Thailandia.

Non si tratta di vergognose pagine di storia confinate nel passato, ma di una pratica che continua ancora oggi. Dall’etno-turismo, che costringe gli Jarawa delle Isole Andamane a ballare in cambio di biscotti, al poorism (il turismo della povertà), con i suoi tour-avventura nelle favelas, la logica è la stessa perché «il mostro è ancora vivo, ha solo cambiato maschera».

«Con la disumanizzazione – spiega l’autore – le vittime perdevano la natura e la dignità di uomini ed erano trasformate nella rappresentazione di quello che l’espositore o il visitatore desideravano che fossero; una tale regressione legittimava qualsiasi violenza, anche la più aberrante» E aggiunge: «Oggi come allora, l’esibizione dell’Altro è il frutto di una mentalità di stampo colonialista che continua a dipingere i popoli indigeni come ‘selvaggi’, ‘arretrati’ o ‘primitivi’ semplicemente perché i loro modi di vivere sono diversi»

Per Francesca Casella di Survival. «Purtroppo, in tutto il mondo questi stereotipi vengono tutt’ora utilizzati per giustificare le violazioni dei loro diritti umani e il furto delle loro terre e delle loro risorse nel nome del ‘progresso’ e di una presunta missione civilizzatrice.»

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