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Veniamo etichettati come maiali

Buone nuove dal mondo dei salumi italiani. L’obbligo per gli operatori di indicare in etichetta il luogo di allevamento e di macellazione delle carni di maiale rappresenta secondo Assica, l’Associazione industriali delle carni e dei salumi, un nuovo passo avanti del cammino iniziato a livello comunitario dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza scoppiata nel 2002. Dal 1° aprile entra in vigore l’etichettatura d’origine delle carni fresche, facendo seguito all’adozione da parte della Comunità europea della norma d’attuazione del Regolamento 1169/2011 (relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori) che fissa le regole per l’indicazione del Paese o luogo di provenienza delle carni fresche, refrigerate e congelate di suino, ovi-caprino e di pollame.

“Accogliamo con favore la norma perché consentirà ai consumatori europei di conoscere l’origine e la provenienza delle carni suine – ha affermato Davide Calderone, direttore di Assica – . Con questo intervento la comunità pone una serie di regole chiare, uniformi e auspicabilmente stabili per gli operatori del settore. Si tratta di una soluzione che Assica ha sempre appoggiato per evitare di aggiungere solo all’industria nazionale i costi di un’etichettatura obbligatoria, visto che l’etichettatura di origine volontaria è sempre stata possibile”.

Il settore dell’industria di macellazione si augura in altre parole che l’introduzione dell’indicazione dell’origine delle carni porti a una maggiore valorizzazione delle carni suine italiane, riconoscendo il contenuto qualitativo della produzione suinicola nazionale. Il suino italiano tradizionale, infatti, viene allevato per fare i prosciutti dop e ha carni più mature del suino leggero europeo e che quindi contengono meno acqua, un “tratto distintivo della qualità che dovremo essere capaci di comunicare” ha precisato il direttore.

Del resto parliamo di un business di notevole entità: nel 2013, secondo i dati Istat, sono stati macellati in Italia circa 11 milioni di capi suini per un fatturato di circa 2,8 miliardi di euro. Lombardia ed Emilia Romagna sono le regioni italiane dove si effettuano il maggior numero di macellazioni, circa il 76% del totale, seguite a notevole distanza da Piemonte, Veneto e Umbria.

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