Diritti

Galeotta fu la bionda

“La prima birra che abbiamo prodotto l’abbiamo voluta chiamare Er fine pena, proprio perché la sua produzione è stata lunghissima. Ci abbiamo messo quasi un anno – spiega Paolo Strano, presidente di Semi di libertà, l’associazione che ha ideato il progetto – ironicamente, quindi, volevamo rimarcare quanto fosse stata una pena riuscirci. Si tratta di una golden ale, che è già uno dei cavalli di battaglia del birrificio e che abbiamo realizzato insieme a Marco Meneghin, mastro birraio di Birra Stavio”. Insieme agli studenti dell’Istituto Sereni di Roma, è stata invece prodotta “A piede libero”: “il nome l’hanno scelto i ragazzi durante uno dei corsi sulla legalità che abbiamo fatto all’interno della scuola, perché uno dei nostri obiettivi è anche quello di lavorare sulla divulgazione di messaggi di inclusione e legalità – spiega ancora Strano -. Questa rimarrà sempre la birra della scuola, anche perché è fatta con il farro biologico che viene coltivato lì, e che è a centimetro zero, potremmo dire, perché anche il birrificio si trova all’interno dell’Istituto. Si tratta di una birra aromatizzata con arancia amara e cannella, e realizzata insieme a Paolo Mazzola del birrificio Castelli romani”. La terza birra, realizzata insieme a Orazio Laudi di Birra Turan è  “Fa er bravo”: “è una birra monoluppolo – aggiunge – che abbiamo chiamato così perché il luppolo utilizzato si chiama appunto bravo”, spiega ancora Strano.

I detenuti che hanno partecipato alla realizzazione delle prime birre sono in tutto 5, dei quali 3 tutt’ora al lavoro: “per loro poter far parte di un progetto come questo è importantissimo – spiega il presidente dell’associazione – perché quello che tendiamo a fare, al di là del discorso lavorativo, è ricostruire un tessuto sociale intorno a queste persone. Sono ragazzi che vivono giornate intere in una cella senza poter parlare con nessuno. Per loro anche solo uscire, vedere gente, scambiare due parole con un’altra persona, è un modo per ricostruirsi una vita.”.

Per le birre prodotte ora si attende una distribuzione, ma intanto i progetti vanno avanti. In particolare, l’associazione sta pensando a una birra fatta insieme ai ragazzi disabili che frequentano i corsi dell’Istituto Sereni. “Tra loro e i detenuti, che partecipano alla produzione delle nostre birre, si è creato da subito un clima speciale – aggiunge Strano –e vorremmo fare quindi un lavoro con loro”. Tra i progetti del birrificio c’è anche una speciale “crime beer” pensata per il Crime caffè, centro  studi sulla legalità formato da criminologi.  “Il nostro obiettivo è andare avanti – conclude Strano – cercando di fare il più possibile un prodotto di qualità che punta sulle materie prime a chilometro zero, e dove non possibile, ai prodotti del commercio equo e solidale. Una birra che significhi legalità ma anche inclusione, a 360 gradi”. (ec)

 

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