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Agricoltura e fame, una conferenza a bujumbura

“In Burundi, meno che nella capitale, in tutte le province è stata ampiamente superata la soglia critica del 40% di malnutrizione cronica”: è il quadro cupo descritto dal ministro dell’Agricoltura e della Pastorizia, Odette Kayitesi, durante la Conferenza nazionale del settore primario in corso da lunedì a Bujumbura.

Per quattro giorni esponenti di governo, organizzazioni contadine, di pastori e pescatori sono riuniti per valutare le politiche agricole, pastorali e ittiche attuate nel paese dei Grandi Laghi, ma anche identificare sfide e prospettive future nella lotta alla fame.

La ministro Kayitesi ha collegato malnutrizione e insicurezza alimentare all’inefficienza di molte politiche e strategie elaborate finora. Altri partecipanti hanno evidenziato una serie di problemi concreti in termini di tecnologia, competenza agronomica ma anche di cambiamenti climatici che hanno portato più siccità.

In Burundi il 90% della popolazione lavora nel settore agro-pastorale, che contribuisce al 50% del prodotto interno lordo (Pil). Negli ultimi dieci anni lo Stato ha sbloccato maggiori risorse finanziarie alle attività primarie, dal due al 12% del bilancio pubblico.

Esperti presenti ai lavori di Bujumbura hanno sottolineato che la popolazione è aumentata del 50% – con un densità di 400 abitanti al km2 – che l’estensione delle proprietà agricole famigliari è nettamente diminuita, che i terreni sono meno fertili di prima e che si fanno ancora sentire gli effetti negativi della guerra civile sul settore portante dell’economia. Una serie di fattori che hanno causato un forte calo della produzione di fagioli, in passato alla base dell’alimentazione nazionale, costringendo i burundesi a cambiare abitudini. Oggi consumano solo 20 chili di fagioli l’anno – contro 65 nel 1995 – e molta più manioca o patate: una dieta povera in proteine e squilibrata che trascina il 50% della popolazione in situazione di malnutrizione cronica. La carne, costosa e quasi per niente prodotta sul posto, non viene mangiata. Ci sarebbero le risorse ittiche del lago Tanganyika, poco sfruttate, ma culturalmente il pesce non è molto gradito dai burundesi.

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