Diritti

Fast food in tuta blu ci piace di più

Migliaia di lavoratori dei fast food, negli Stati Uniti e in altri 32 Paesi, scioperano oggi per riven­di­care salari più alti, il diritto a un lavoro a tempo pieno e ritmi umani. Per la prima volta, la protesta si è allargata dai dipendenti americani delle catene più importanti (McDonald’s, Burger Kig, Wendy’s e Kfc) a quelli di altri Stati, tra cui Giappone, Brasile, Marocco e Italia, dopo essersi riuniti in un unico sindacato internazionale, l’International Union of Food, Agricultural, Hotel, Restaurant, Catering, Tobacco and Allied Workers’ Associations (Uita).

Negli Stati Uniti, i lavoratori manifestano da un anno e mezzo per avere un salario di almeno 15 dollari all’ora, ovvero più del doppio dell’attuale stipendio minimo federale, fissato a 7,25 dollari all’ora, applicato dalla maggior parte delle catene. Salario minimo che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, vorrebbe alzare a 10,10 dollari, incontrando le resistenze dei repubblicani in Congresso. Circa 200 lavoratori cominciarono a manifestare a New York alla fine del 2012, chiedendo salari più alti e condizioni di lavoro migliori; quella protesta è poi diventata la protesta di migliaia di persone in 150 città statunitensi, e ora di tanti altri lavoratori in 80 città nel resto del mondo, da Dublino a Venezia, da Casablanca a Seul.

Protesta Social.
La protesta è stata definita global, ma è anche social. Gli hashtag da seguire su twitter sono #FastFoodGlobal e#fightfor15, cioè lotta per 15 dollari all’ora. Questa invece la pagina Facebook.

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