Cucina Pensante

Chirurgia seno, protesi addio. Arriva il grasso ‘autologo’

E’ un epocale cambio di direzione quello che sta avvenendo negli Stati Uniti, secondo un recente studio infatti il 70% dei chirurghi plastici americani ha usato qualche forma di impianto di grasso della paziente per gli interventi al seno (sia ricostruttivi che estetici). ”Il grasso ‘autologo’ viene prelevato dall’addome o dalle cosce della paziente stessa con una piccola cannula da liposuzione, viene poi trattato, purificato e reinserito utilizzandolo alla stregua di un filler riempitivo – spiega Carlo Macro, Specialista in Chirurgia Plastica, dirigente medico Divisione Chirurgia Maxillo Facciale Ospedale San Camillo di Roma – la tecnica sta spopolando in tutto il mondo per molti motivi e diversi utilizzi, il risultato infatti e’ piu’ naturale e meno soggetto a rischi di rigetto o effetti collaterali. Il grasso viene usato per aumentare i volumi del viso (zigomi, mento) riempire depressioni cutanee e rughe profonde (come solchi naso-genieni) come forma suprema della medicina estetica detta ‘rigenerativa’ ma si sta spostando verso il corpo. In particolare nella chirurgia del seno il grasso puo’ essere usato come complemento e perfezionamento di un intervento di protesi per rendere piu’ morbidi i contorni, riempire svuotamenti della parte superiore del seno e riempire zone delimitate come l’asportazione di quadranti della mammella a causa di un tumore”. Dall’Universita’ di Pittsburg pero’ alcuni colleghi hanno misurato il fenomeno e hanno calcolato come la tendenza piu’ in auge negli USA sia quella di sostituire la ricostruzione con protesi unicamente con il grasso. Per perfezionare la ricerca e’ stato somministrato un questionario a 156 chirurghi plastici della prestigiosa ASPS (American Society of Plastic Surgery), la meta’ dei quali ha risposto che utilizza regolarmente il ”fat grafting’ sia come tecnica ricostruttiva sia per perfezionare i contorni di un impianto di protesi in un intervento estetico. I tre quarti dei medici preferiscono utilizzare cellule di grasso prelevate dalla zona dell’addome grazie alla facilita’ di prelievo. ”Nella scelta della tecnica di intervento e’ pero’ necessario valutare limiti e rischi e gia’ dal 1980, quando l’impianto di cellule adipose era agli albori, vi era il dubbio che questo materiale potesse rappresentare un ostacolo alla diagnosi precoce di tumore e nelle procedure di screening in quanto il grasso non permetterebbe una corretta visibilita’ dei tessuti con la mammografia” continua il dottor Macro ”Altra problematica e’ quella della stabilita’ dell’impianto di grasso: a seconda delle tecniche di purificazione e processamento, le percentuali di riassorbimento variano tra il 10 e il 35% e questo mette a rischio il grado di soddisfazione della paziente che cerca un risultato ”estetico’ e la obbliga ad un secondo impianto (sia pure effettuato con la tecnica iniettiva, a distanza di tempo)”.

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