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Nel menu solo chiacchiere

Alla fine dell’esperimento, magari, ti senti un po’ stupido ma capisci perché, anche se raccontano balle, sembrano destinati a vincere sempre loro, quelli del marketing.

L’esperimento è oggetto di uno studio pubblicato dalla rivista Health Economics ed è stato condotto da David Just e Brian Wansink, della statunitense Cornell University, che hanno diviso i partecipanti in due gruppi, offrendo a tutti un piatto di spaghetti in due diverse porzioni: piccola e grande. La differenza stava nelle parole usate per definire la porzione piccola e quella grande: in un gruppo si sono usati i termini “half-size” e “regular”, mentre nell’altro le parole erano “regular” e “double-size”.

Insomma, in un gruppo la porzione piccola è stata chiamata “mezza porzione” e nell’altro “porzione normale”, mentre la porzione grande nel primo gruppo è stata chiamata “porzione normale” e nell’altro “porzione doppia”. Il risultato è stato che, pur avendo davanti la stessa quantità di cibo, i partecipanti del secondo gruppo hanno mangiato di più quando la loro porzione veniva chiamata “normale”, rispetto a quando veniva definita “doppia”. Infatti, in questo secondo caso, molti lasciavano nel piatto del cibo avanzato.

Ma i termini con cui sono state definite le porzioni non hanno influenzato solo la sensazione di sazietà dei partecipanti all’esperimento, ma anche la loro disponibilità a spendere. Infatti, pur essendo la quantità di cibo offerta uguale, quando la porzione veniva chiamata “mezza porzione”, i partecipanti del primo gruppo si sono mostrati disposti a spendere solo la metà rispetto alla stessa porzione di cibo definita “normale”.

Secondo gli autori dello studio, sarebbe opportuna una standardizzazione dell’etichettatura relativa alle dimensioni dei prodotti alimentari e di ciò ne beneficerebbero sia i consumatori, sia i produttori.

Comunicato Cornell University

Abstract articolo Health Economics

Foto di Gabriella Raffaelli

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